Mercoledì 24 Aprile 2024

La Repubblica fondata sui lavoretti

Paolo

Giacomin

La chiamavano Gig Economy. I riders sono un pezzo di questo mondo. Che veniva raccontato, con levità, come

la terra promessa dei nuovi lavoretti. Legati alle innovazioni digitali e alle grandi piattaforme dell’e-commerce. La chiamavano Gig Economy, codificata dal dizionario Treccani come: "Modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo, e non sulle prestazioni lavorative stabili e continuative, caratterizzate da maggiori garanzie contrattuali". Definizione destinata a cambiare.

Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, in audizione al Senato, ha speso parole pesanti in direzione di una maggior tutela dei lavoratori italiani: circa ventimila persone dietro alle app, in prevalenza impegnate nel food delivery.

Smentite le narrazioni felici, il Covid ha trasformato i riders in un servizio essenziale. Molte imprese della ristorazione e del commercio stanno resistendo grazie alle consegne a domicilio. Le Acli a Bologna li utilizzeranno anche per la consegna dei 730. E forse non è un caso: il capoluogo emiliano ha tenuto a battesimo nel 2018 la ’Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano’. Passata alla cronaca come ’Carta dei riders’. Un’apripista di un percorso obbligato, con un’avvertenza: a volte le migliori intenzioni nel regolamentare il mercato del lavoro hanno lastricato le vie dell’inferno, trasformando la fleissibilità in precarietà o la precarietà in disoccupazione o sommerso. Il mercato del lavoro è una brutta bestia, Le parti sociali, nelle migliori stagioni riformiste del Paese, hanno dimostrato di sapere coniugare diritti e profitti. Il legislatore non sempre. Dalla parte dei riders, in più, è sceso in campo un nuovo giocatore: il mondo è attraversato dal trend della sostenibilità. Anche sociale (la esse della sigla Esg). Fare bene del bene, può fare bene ai bilanci. Il resto è una Repubblica fondata sul lavoro per Costituzione, anche se è servita una pandemia - e un’inchiesta a Milano –, per accendere il faro sui ciclofattorini. Ai quali dire grazie. E dare la mancia.