Mercoledì 24 Aprile 2024

La ’ndrangheta lo riduce sul lastrico Lui si uccide per salvare la famiglia

Milano, imprenditore morto in un incidente. "Un suicidio per incassare la polizza"

di Nicola Palma

L’attività di famiglia mangiata dalle fiamme. Un mafioso che compare all’improvviso alla riapertura dell’azienda. E l’imprenditore che tre anni dopo muore in un tragico incidente stradale su una strada provinciale del Varesotto, nello stesso giorno in cui ha sottoscritto una polizza vita con risarcimento ai beneficiari di un premio da mezzo milione di euro. È una storia di undici anni fa, ma ora un’indagine della Dda di Milano e dei carabinieri di Saronno sulle infiltrazioni della ’ndrangheta in appalti e cantieri l’ha completamente riscritta, ipotizzando che il quarantacinquenne Benedetto Conti, "schiacciato da una situazione finanziaria disastrosa" e stritolato dai debiti contratti con un uomo legato alla criminalità organizzata, abbia deciso di suicidarsi per "permettere alla sua famiglia di ottenere un’ingente somma con cui risollevare le proprie sorti".

La ricostruzione della vicenda parte la sera del 30 ottobre 2008, quando un incendio doloso distrugge quattordici veicoli e parte del salone del concessionario auto di Conti e della moglie, a Cislago. Un duro colpo per la coppia, anche perché fino a quel momento i bilanci si erano sempre chiusi in attivo. Due settimane dopo, compare sulla scena Pietro Santo Garzo, arrestato nel 2009 nell’operazione Artemisia sulla cosca Gioffrè di Seminara (nella Piana di Gioia Tauro) e condannato a 7 anni.

L’uomo, dirà in seguito la moglie di Conti, si comporta come fosse il padrone: entra ed esce a piacimento; pretende di usare le auto del concessionario; piazza il figlio come socio e venditore. È il periodo in cui l’attività inizia ad arrancare pesantemente: nel 2009 perde quasi un milione di euro; e per ripianare il rosso, Conti si infila in una spirale senza uscita. Per gli investigatori, in quel periodo realizza che non potrà mai restituire il “prestito” agli “amici” che pensava "di aver trovato" e che "questo lo costringerà a cedere interamente la sua attività". Così a fine maggio 2011 contatta un amico di famiglia, dipendente di una società assicurativa, e si dice interessato a sottoscrivere una polizza infortuni: "Gli comunicai l’importo – dirà ai carabinieri l’uomo – e lui disse “Va bene, fammela da subito”".

La polizza viene attivata alla mezzanotte del 30 maggio, ma per legge è valida solo a fronte del pagamento di una quietanza semestrale da 525 euro. Conti effettua il bonifico e firma il contratto la mattina del 31. Qualche ora dopo, lo schianto: il rapporto sull’incidente parla di ampia visibilità in entrambi i sensi di marcia, condizioni atmosferiche buone e nessun segno di frenata della Punto. Il camionista sopravvissuto dirà: "La mia impressione è stata quella che il conducente fosse venuto dritto verso di me e che non avesse accennato minimamente alcuna manovra per evitarmi". Cosa succede dopo? Garzo comincia a minacciare la moglie di Conti, arrivando a puntarle una pistola alla nuca per riavere i soldi prestati al marito: secondo l’accusa (quella per la quale è indagato il sessantaduenne nell’inchiesta della Dda di Milano), lui e il figlio le avrebbero estorto 66mila euro.