Mercoledì 24 Aprile 2024

La motivazione è comprensibile Il metodo meno

Raffaele

Marmo

Si possono avere molteplici dubbi e riserve sul cosiddetto Superbonus, soprattutto per il suo impatto sui conti pubblici, ma il blitz serale del governo per bloccare l’intero meccanismo della cessione del credito non appare la migliore delle operazioni possibili. Tutt’altro.

Sono evidenti le ragioni che hanno portato all’intervento drastico dell’esecutivo sulla complessiva batteria di incentivi per la riqualificazione urbana dei nostri immobili: si potrebbe dire che, più che le truffe (marginali rispetto agli importi in gioco), l’eccesso di successo dello strumento, insieme con una serie di palesi inefficienze implicite, ha fatto deragliare le previsioni di spesa oltre ogni limite. La barriera dei 100 miliardi è stata ampiamente sfondata. Il punto, però, è che agli errori dei precedenti governi nel congegnare malamente la misura non si può e non si deve rispondere con altri errori. Di metodo e di merito. Come quelli che ha commesso il governo Meloni con il varo di un decreto che invece di risolvere i gravi pasticci del sistema precedente rischia di aggiungerne altri. E non meno gravi. Le imprese dell’edilizia (ma non solo, perché come recita un vecchio brocardo Quand le bâtiment va, tout va) non solo non vedono sbloccati i crediti incagliati nei cassetti fiscali, dopo lo stop di fatto della cessione dei mesi scorsi, ma si ritrovano con investimenti effettuati con la prospettiva sia della cessione sia dello sconto in fattura. Le famiglie, a loro volta, senza queste ultime possibilità, ben difficilmente utilizzeranno in futuro i bonus per ristrutturare gli immobili. Siamo, dunque, di fronte a un vero cortocircuito che rischia di mandare in fumo anche i risultati positivi di tutta la campagna di ristrutturazione urbana realizzata negli ultimi anni. E che ha contribuito non poco a un livello di Pil record come in nessun altro Paese europeo. Un dato che l’attuale governo trascura. E non è un bene.