Venerdì 13 Settembre 2024
PAOLO CHIRICHIGNO
Cronaca

La lezione di Eriksson. Addio all’allenatore gentiluomo: "Non dispiacetevi, ma sorridete"

Lo svedese aveva un tumore al pancreas. Vinse lo scudetto con la Lazio, fece sbocciare Baggio. Pochi giorni fa il commiato: "Ho avuto una bella vita, ricordatemi come un ragazzo positivo".

La lezione di Eriksson. Addio all’allenatore gentiluomo: "Non dispiacetevi, ma sorridete"

Lo svedese aveva un tumore al pancreas. Vinse lo scudetto con la Lazio, fece sbocciare Baggio. Pochi giorni fa il commiato: "Ho avuto una bella vita, ricordatemi come un ragazzo positivo".

I suoi occhi chiari hanno visto tutti i colori del cielo: dal grigio livido di Torsby, dov’era nato nel ’48 in Svezia, all’arancione dei tramonti di Lisbona e Roma, al blu profondo delle notti di Firenze e Genova. Ora che per lui la luce si è spenta – l’annuncio della sua morte per un tumore al pancreas è arrivato ieri all’ora di pranzo – abbiamo capito fino in fondo le parole che ci aveva regalato per presentare un docufilm su di lui per Prime: "Ho avuto una bella vita, sì. Forse troppo bella, è triste ma è anche bellissimo. Penso che tutti noi abbiamo paura del giorno in cui moriremo, La vita riguarda anche la morte. Spero che alla fine la gente dirà: sì, era un brav’uomo, ma non tutti lo diranno. Spero mi ricorderete come un ragazzo positivo che cercava di fare tutto il possibile. Non dispiacetevi, sorridete. Grazie: allenatori, giocatori, il pubblico, tutti sono stati fantastici. Prendetevi cura di voi stessi e prendetevi cura della vostra vita. E vivetela. Addio".

Un motivo c’era se lo chiamvano il rettore di Torsby. Di lui colpivano la grande signorilità, il saper essere appropriato in tutte le circostanze, la compostezza nordica in ogni situazione. Gli piacevano molto le donne – contraccambiato –, un motivo in più per cui si è goduto davvero la vita, tanto che a metà il cammino sportivo si è intrecciato col gossip. Partiamo dalle certezze sentimentali: la moglie Ann-Christine Pettersson, che gli ha regalato due figli, Johan e Lina. Poi una lunga sfilza di amori come Nancy Dell’Olio, l’avvocatessa romana con cui finì a carte bollate, la biondissima presentatrice svedese Ulrika Jonsson.

E poi flirt veri o presunti (ma tutti probabili...) con la segretaria della Federazione inglese Faria Alam, l’ex ginnasta romena Roxy, l’attrice Debora Caprioglio.

Amava la bellezza anche nel calcio. Portatore sano di un’idea di spettacolo in campo: aveva preso il posto del barone Nils Liedholm sulla panchina della Roma, un altro svedese col sangue meridionale. Calcio di livello, tutti all’attacco ma con giudizio, rispettava tutti, anche i più scarsi con il pallone. A fine anni Ottanta a Firenze conobbe un fiore raro, mai visto nulla di simile prima: Roberto Baggio era giovane, e già portava tante ferite sulle ginocchia. Si intendevano quasi senza parlare.

Spesso ripeteva: "Non so se fossi un buon manager, ma se ero bravo in qualcosa era creare una buona atmosfera nel club, non solo nella squadra. Penso fosse il mio punto di forza, più della tecnica". Un leader calmo, posato e mai sopra le righe. Per questo era amato dai giocatori.

Negli ultimi tempi, quando era tornato nelle città d’Italia che lo hanno visto protagonista in panchina, la malattia ne aveva trasformato il volto, non il sorriso furbo e bonario. Certo, il velo di malinconia nei suoi occhi era lì a ricordarci che sarebbe stata l’ultima volta per lui, non ci sarebbe stato un altro applauso, un altro saluto alla curva. Ora che Sven-Göran Eriksson ha varcato il confine della vita, conviene aggrapparsi alle sue ultime parole come Linus fa con la coperta. Una sorta di antidoto all’ansia da separazione. No, non ci sarà più uno come lui, e non parliamo dell’allenatore di calcio, che adesso conta il giusto. Pensiamo ai suoi occhi cerulei che hanno visto tutti i colori del mondo.

Caro rettore di Torsby, la lezione è finita. Tocca a noi che rimaniamo non disperdere il tuo insegnamento.