Mercoledì 24 Aprile 2024

La leggenda dell’Endurance in Antartide. Il relitto è a 3mila metri sotto il mare

Il ritrovamento del veliero di Shackleton (ancora intatto): colò a picco stritolato dai ghiacci nel 1915. L’esploratore diventò un eroe nazionale: salvò tutto l’equipaggio dopo aver recuperato un’altra nave

Il relitto della Endurance filmato dai rover

Il relitto della Endurance filmato dai rover

Stretto dai ghiacci e affondato, ma il leggendario veliero Endurance è rimasto quasi intatto per quasi 107 anni nelle profondità del Mare di Weddell, in Antartide. L’ha ritrovato una spedizione inglese, Endurance22, l’ennesima destinata alla ricerca della nave sulla quale Ernest Henry Shakleton era giunto di fronte al Continente Ghiacciato sul quale voleva sbarcare compiendo la prima traversata a piedi via terra. Il pack lo aveva circondato fino a stritolare il legno rendendo impossibile la navigazione. L’esploratore e il suo equipaggio – 28 marinai – erano riusciti a salvarsi sulla banchisa e in modo rocambolesco, e dopo diversi mesi, tornare sani e salvi a casa, ma il trialberi era inesorabilmente perduto. Ora sarà un monumento agli scopritori: rimarrà a 3.008 metri sotto il livello del mare, a 6,5 chilometri dal punto in cui era affondato secondo i calcoli del capitano della spedizione, Frank Worlsey, il 21 novembre 1915. Il Falklands Maritime Heritage Trust ha organizzato la spedizione costata dieci milioni di dollari. Il relitto dell’Endurance presenta solo i danni del ghiaccio: le basse temperature dell’acqua e l’assenza di organismi che rodono il legno l’hanno salvaguardato. Quando le telecamere dei sottomarini a comando remoto hanno inquadrato sulla chiglia il nome della nave che cercavano, a bordo della rompighiaccio sudafricana Agulhas II – campo base della ricerca – sono risuonate le sirene.

"Abbiamo fatto qualcosa che nessuno immaginava" ha dichiarato il capo della missione, il geografo John Shears. I fondali sono stati scandagliati per più di un mese, dodici ore al giorno. Il risultato però è straordinario: l’Endurance e il materiale a bordo sembra intatto, anche se le vele sono aggrovigliate. Rimarrà a 3008 metri di profondità, omaggio agli esploratori e monito sui pericoli del Mare Antartide. In realtà l’Endurance era nato come Polaris, varato il 17 dicembre 1912 in Norvegia. I proprietari volevano organizzare crociere nel Mar Glaciale Artico per facoltosi clienti. Nel 1914 Shakleton, che dei record di esplorazioni in Antartide aveva fatto il suo cruccio rincorrendo Robert Falcon Scott e Roald Amudsen (che raggiunse il Polo Sud geografico il 14 dicembre 1911), acquistò la nave per un prezzo più che buono: 11.600 sterline. Tre alberi, un motore a elica che poteva viaggiare a 10 nodi, circa 44 metri di lunghezza e sette e mezzo di larghezza per 320 tonnellate di stazza, il veliero salpò per il suo ultimo lungo viaggio da Plymouth, in Inghilterra, il primo agosto 1914 e dopo 5 mesi di navigazione arrivò ai mari australi.

La tranquillità del viaggio a quelle latitudini fu breve: il 19 gennaio 1915 la nave fu stretta dai ghiacci; l’equipaggio lottò vari mesi per evitarne l’agonia, ma il 27 ottobre il comandante Worsley ordinò di lasciare la nave che il 21 novembre affondò. Cominciò allora la vera grande e lunga impresa di Shakleton, che aveva dovuto rinunciare nel 1909 a essere il primo a giungere a piedi al Polo Sud, mancato per circa 200 chilometri e solo perché non si era portato dietro abbastanza viveri. Aspettando che le condizioni del ghiaccio lo permettessero, mise in mare le scialuppe dell’Endurance e raggiunse l’inospitale Elephant Island; da lì con cinque temerari raggiuse la Georgia del Sud, toccata nel viaggio di andata 522 giorni prima: 1600 chilometri su una imbarcazione di sette metri per tornare poi a bordo di una baleniera a recuperare i suoi compagni, che a fine 1916 potettero riprendere il viaggio verso l’Inghiletrra. Proprio in Georgia del Sud Shakleton morì il 5 gennaio 1922 quando si apprestava alla terza spedizione antartica. Davvero il suo cruccio.