Mercoledì 24 Aprile 2024

J’accuse di Sister Mary "Molte restano incinte Poi le fanno abortire"

di Giovanni Panettiere

A trasformarle da vittime a colpevoli il passo è breve. Quel tanto che basta a indurre le suore abusate da preti al silenzio, per la vergogna di venire giudicate o la paura di non essere credute e di finire allontanate dalla loro congregazione. Persino se sono rimaste incinte e sono state costrette ad abortire. "Troppo spesso nella Chiesa, in caso di stupro di una religiosa da parte di un chierico, è ancora la consacrata, e non il sacerdote, a doversi giustificare – alza il velo dello scandalo suor Mary Lembo –. Le si chiede come era vestita, che cosa ha lasciato intendere all’uomo, se per caso non abbia frainteso le sue intenzioni. Quasi a voler trovare del ’romantico’ nella violenza". Nata in Togo, appartenente alle Suore di Santa Caterina di Alessandria, la psicoterapeuta ha studiato il tema delle religiose abusate dal clero in Africa. Ne è nata un’indagine qualitativa approfondita, frutto di incontri e interviste con le vittime, discussa in sede di dottorato alla Pontificia Università Gregoriana prima di essere pubblicata di recente.

Che cosa l’ha spinta a scavare in un terreno ancora meno battuto della piaga degli abusi sui minori?

"Mi occupo di formazione delle religiose, durante il mio lavoro tante mi hanno raccontato di aver una relazione sessuale non voluta con sacerdoti e di non farcela a uscirne. Si tratta di rapporti pastorali, dalla confessione al discernimento, degenerati a discapito di queste donne. Il più delle volte bisognose di sostegno spirituale, si sono affidate a preti che le hanno tradite, venendo meno al loro ruolo".

In questi casi nel prete abusante agisce una volontà di dominio e sopraffazione ai danni di chi considera inferiore?

"La religiosa viene ridimensionata. Finisce per essere utilizzata per soddisfare un piacere".

Manca una maturità sessuale?

"Queste storie devono indurre la Chiesa a investire di più nella formazione continua dei preti e delle religiose, sia sul piano affettivo, sia sul versante dell’autorità. Quest’ultima esiste, non c’è dubbio, ma comporta una responsabilità nei confronti di chi è diretto, non può mai calpestarne la dignità. In tal senso suore e preti sono uguali".

Quali strategie usa il violentatore per consumare i suoi crimini?

"Cerca di conquistare la fiducia della suora. Dal lei si passa al tu, la fa sentire importante, unica. Piano piano inizia a controllarla, convincendola a rompere determinati legami, ritenuti inappropriati. La tende a isolare. Le visite si fanno sempre più insistenti e frequenti, la ricopre di attenzioni, a volte le presta del denaro. Vuole farla sentire completamente in debito verso di lui".

È mai stata minacciata da un prete?

"Per fortuna non direttamente".

Che sofferenza ha sperimentato nelle religiose abusate?

"Ognuna reagisce in modo diverso. Ho conosciuto una suora violentata a più riprese da un sacerdote che le ha impedito di usare qualsiasi tipo di contraccettivo. È rimasta incinta varie volte e lui l’ha sempre costretta ad abortire. Alla fine ha avuto un esaurimento nervoso e ha lasciato la vita religiosa".

Sta crescendo la consapevolezza tra le suore della necessità di denunciare?

"Persiste un sentimento di paura. Il più delle volte prevale il timore del giudizio della gente, della reazione del prete e della propria comunità religiosa".

Durante la stesura dell’indagine ha trovato collaborazione da parte delle congregazioni?

"La mia comunità mi ha sostenuta, per il resto ho sentito alcune superiori generali dirmi che il fenomeno esiste ed è diffuso, non solo in Africa. Tuttavia, nel momento in cui si trattava di raccogliere storie e interviste, non sono mancate le resistenze".

La Santa Sede sta prendendo provvedimenti contro questo fenomeno?

"Qualcosa sta cambiando, se ne sta iniziando a parlare con meno timore, anche se la strada è lunga. Deve maturare la consapevolezza che si tratta di abusi, di rapporti non più alla pari, ma asimmetrici che calpestano la dignità delle donne".