Giorgio
Comaschi
La genialità di Paolo Villaggio è postuma. Ed è ancora fra noi, se è vero che per la torma di vacanzieri, scatenata su e giù per l’Italia per raggiungere l’agognata meta delle ferie, quando piove non piove normale. È sempre e comunque, da anni ormai, “La nuvola di Fantozzi“. La nuvola di Fantozzi è un evento atmosferico ormai assodato e riconosciuto dai meteorologi. E cioè una nuvola che segue l’impiegato che ha appena lasciato l’ufficio per le bramate vacanze, e scarica acqua solo su di loro. A questo punto il vittimismo italico trionfa e ha la sua sublimazione. "Guarda, era bello, c’era il sole, poi a un certo punto… trac, nubifragio, ma solo dove eravamo noi!", e poi aggiungono: "…la famosa nuvola di Fantozzi". Cioè quella nuvola che castiga i sottomessi, i miserandi, gli sfortunati, quelli che non vedono l’ora di essere colpiti da questo evento (nella norma, ma questo’anno meno) così che dopo lo possano raccontare. Se ci fate caso il racconto di una vacanza non è quasi mai su una cosa bella, ma su una cosa andata storta, un contrattempo, una coda, un incidente, una biella rotta, una prenotazione sbagliata, una truffa, un metal-detector che suona. Sono tutte "nuvole di Fantozzi", fateci caso.
Ecco dove sta la genialità di Villaggio. Nell’aver creato l’alibi per il racconto tragicomico, la trasposizione di tutte le "sfighe" che capitano al famoso ragioniere, perennemente inseguito dalla mala sorte. Di solito, quando si parla della nuvola di Fantozzi, si ridacchia perché l’evento negativo abbia la sua comicità. I racconti vengono poi farciti di immagini surreali, appositamente inventate, tipo: "Ti dico che pioveva in tre metri quadrati, un uragano, e lì a quattro metri c’era il sole". È la prosecuzione naturale del sopruso e delle piccole umiliazioni quotidiane subite in ufficio, ovunque, durante l’anno. Una nuvola che ci segue e scarica acqua, per ricordarci la nostra condizione di poveri tapini.