Giovedì 25 Aprile 2024

Il proporzionale conviene a tutti (Meloni esclusa)

Ettore Maria

Colombo

Si agitano venti di crisi di governo e, come il gelato d’estate, torna il tormentone della legge elettorale. Ma a chi conviene cambiare l’attuale sistema (il Rosatellum: due terzi di proporzionale e un terzo di collegi maggioritari) per un proporzionale con soglia di sbarramento al 5%?

Al Pd sicuramente, per liberarsi dell’abbraccio mortale dei 5 Stelle e restringere un campo largo che non ingrana la marcia. E anche perché Letta batte e ribatte sul fatto che non vuole più parlamentari nominati ma homines novi (sindaci, società civile) che corrano a perdifiato per cercarsi i voti con le preferenze. Al Movimento, specie se facesse cadere il governo, per correre da solo: il Pd mai si alleerebbe con un M5s che silura Draghi, in versione ‘descamisada’. Alla Lega, anche, per evitare di dover cedere lo scettro della coalizione – e fin troppi collegi, dati i sondaggi – a Fd’I. Poi, all’ala governista e liberal di Forza Italia, che crede sia possibile governare con l’agenda Draghi anche dopo Draghi. A un rassemblement centrista degno di questo nome, forte e autonomo, come quello che potrebbe nascere attorno Calenda o a Di Maio, ma non a piccoli partiti difficili da coalizzare (Italia Viva).

Di sicuro, non conviene alla Meloni e a chi, in FI, vuole dargli lo scettro di leader del centrodestra. O a piccoli partiti che si accontentano dell’utilità marginale di un pugno di collegi sicuri e di uno sbarramento ad oggi fissato al 3%. Il problema è, però, un altro. Cambierà mai, la legge elettorale? Un vecchio adagio parlamentare recita che, quando se ne parla eo si fa, la legislatura è agli sgoccioli, e ancora non lo è. Inoltre, cambiarla, passando a un proporzionale (semi-puro), vuol dire dire addio a due coalizioni storiche – centrodestra e centrosinistra – in un colpo solo e far nascere reunion di area centrista. Sarebbe una rivoluzione copernicana, degna di un Paese nuovo. E pure troppa grazia, sant’Antonio.