Venerdì 26 Aprile 2024

Il politicamente corretto non vale più?

Davide

Rondoni

Ci sono eventi che fanno cadere le maschere. Uno è la vicenda che ha coinvolto Luca Morisi, ex uomo comunicazione di Matteo Salvini. Se di solito il politically correct impone ferrei registri linguistici intorno a temi come l’omosessualità, appena se ne può profittare per dileggiare un avversario politico i freni cadono e addio buone maniere, evidentemente di facciata. Basta guardare alcuni quotidiani di ieri (di area contraria a Morisi) per vedere come il linguaggio applicato alla vicenda del disgraziato se ne freghi di delicatezze e correttezze. Per usar la medesima clava che si imputa a lui di aver usato.

La deriva moralista della politica è sempre un segno della sua crisi. La ipocrisia di chi “usa” la morale come bandiera (di qualunque genere, compreso quella gay o quella politically correct) è portatrice di pantano, di malora. Peggio ancora quando si tratta di una morale solo ‘politica’, come appunto il politically correct. Ovvero di una falsa morale che si attiene ai dettami pubblici, imposti dalle mode e dalle lobby dominanti, senza che a questo corrisponda un intimo convincimento. Mio nonno era uno a cui scappavano a volte parole fuori posto, ma nel suo cuore e nei suoi atti era rispettoso. Oggi pare che importi il contrario: a parole non dire cose fuori luogo, mentre coltivi veleno e rancore. Fare i cicisbei con il linguaggio (che pur nella invettiva può avere risorse creative e chiarificatrici) mentre nel cuore si demonizza l’avversario, è segno di stupidità ipocrita. E di doppia faccia almeno pari a quella che si prende di mira. Chi ieri accusava qualcuno di usare con sprezzo certe parole e oggi le usa per colpire un avversario dimostra pochezza di animo, e di intelligenza. La vicenda di un guru della comunicazione serrato in casa per paura di ammalarsi e precipitato in un gorgo potrebbe aprire riflessioni più interessanti che questo massacro moralistico.