Mercoledì 24 Aprile 2024

Il piano da film horror dell’ex inquilino Voleva torturarli e firmare il delitto col sangue

Lecce, l’arbitro di calcio e la fidanzata assassinati da uno studente di 21 anni. Aveva previsto di lasciare una scritta sul muro

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di Nino Femiani

Ai carabinieri che lo fermano nel parcheggio dell’ospedale ‘Vito Fazzi’ di Lecce, al termine dell’orario di tirocinio da infermiere, rivolge un sorrisino, tra il sorpreso e il supponente. "Ma da quando mi stavate pedinando?". Bastano due ore al procuratore Leonardo Leone De Castris e agli investigatori dell’Arma perché Antonio De Marco, 21 anni, originario di Casarano, aspirante infermiere, confessi l’orrendo duplice delitto, la sera del 21 settembre, mentre era in corso lo spoglio elettorale. "Ho fatto una cavolata, so di aver sbagliato. Li ho uccisi perché erano troppi felici e per questo mi è montata la rabbia", sibila l’omicida. Antonio in quell’appartamento di via Mondello 2 è quasi di casa. Per due mesi, lo scorso anno, prende in affitto una stanza dall’arbitro Daniele De Santis, 33 anni, proprietario dell’immobile. A gennaio, dopo l’esplodere della pandemia, torna al paese, per poi locare di nuovo, quando i corsi della Scuola da infermiere riprendono. Una coabitazione che si interrompe quando Daniele decide che in quella casa deve andare a convivere con la fidanzata Eleonora Manta, 30 anni, appena assunta dall’Inps di Brindisi.

De Marco va via a fine agosto, portandosi dietro una copia delle chiavi dell’appartamento e il progetto di uccidere i due giovani fidanzati, ‘rei’ di essere troppo felici, di averlo sloggiato e, forse, di averlo qualche volta deriso. "La vendetta è un piatto che si serve freddo, non risolve ma per un po’ dà soffisfazioni", scrive su Facebook.

Nei venti giorni che lo separano dalla mattanza, l’aspirante infermiere – descritto da tutti come timido, taciturno e con pochi amici – pianifica quello che pensa debba essere il delitto perfetto. Mette su cinque foglietti – poi smarriti nella fuga – il piano per il massacro di Eleonora e Daniele: modalità di esecuzione, abbigliamento e arma, percorso da seguire, precauzioni da adottare per non essere scoperto dalle telecamere e guadagnare una sicura fuga, materiali per cancellare le tracce. Antonio si sopravvaluta. È certamente un assassino crudele e spietato (sessanta coltellate lo dimostrano), ma è uno sprovveduto.

Oltre a smarrire i foglietti, l’inesperto assassino commette altri errori. Il primo è quello di non accorgersi che sulla via di fuga ci sono alcune telecamere private che lo immortalano in bella posa. Il secondo è di non prevedere che, da un’analisi dei tabulati telefonici e del materiale informatico delle vittime, sarebbero emersi elementi che collegano Daniele a lui (c’è un post su una chat che lo dimostra). Infine, terzo elemento, la ‘visibilità’ del suo zainetto color ocra, individuato facilmente dal testimone attraverso lo spioncino. Il suo piano di morte si concretizza, quindi, in parte. Antonio entra con le chiavi nell’abitazione e pensa di cogliere di sorpresa Daniele e Eleonora che stanno cenando. Ha dietro delle fascette stringitubo per legarli e dei cappucci con calze scure: vuole torturali, poi ucciderli e scrivere sul muro con il loro sangue una frase a effetto. Infine cancellare ogni sua traccia dalla scena del delitto con dei solventi che ha nello zaino. "Pulizia, acqua bollente, candeggina, soda", scrive su un ‘pizzino’. Le cose non vanno come ha progettato. Eleonora e ancora più Daniele reagiscono, e lo sospingono fuori. Lui però riesce a ucciderli e fugge. Il testimone Andrea Laudisa, che vive nel piano di sotto, riferisce dei rumori e delle urla che sente intorno alle 20. 45. Ascolta Eleonora implorare l’assassino: "Che stai facendo? Ci stai ammazzando". Poco dopo l’omicida insegue per le scale l’arbitro De Santis e lo finisce.

Per sette giorni Antonio prova a condurre un’esistenza normale. Getta via il coltello da caccia (ritrovato solo il fodero) il cappuccio e i guanti neri, si reca in corsia al ‘Vito Fazzi’ per il suo tirocinio e va anche a mangiare una pizza con i colleghi di corso. Ma il cerchio ormai è già stretto.