Giovedì 25 Aprile 2024

Il figlio di Salvini sulla moto d’acqua Nessun reato per i tre poliziotti

Nel luglio del 2019 un giornalista filmò la scena del giro in mare. Gli agenti provarono a fermarlo. Il gip di Ravenna archivia il caso: la condotta dell’ex ministro "fu sconveniente ma non illecita"

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Decima Traversa, Bagno Papeete. È l’estate 2019, quella in cui Matteo Salvini, ancor prima che ministro dell’Interno, è una vera star. Assediato dai turisti, cellulari spianati in modalità selfie, il leader del Carroccio versione dj sembra a proprio agio mentre, circondato dalle cubiste, dirige l’Inno d’Italia in versione dance. Ma in un momento di relax il figlio, in vacanza con lui a Milano Marittima, in quanto bambino, è legittimamente attratto dalle divise e chiede di fare un giretto sulla moto d’acqua della polizia. L’agente acconsente e scoppia il finimondo, che precede di poco la scivolata sulla richiesta di pieni poteri con moijto tra le mani. Perché in agguato, quella mattina del 30 luglio, c’è il videomaker di Repubblica, Valerio Lo Muzio, che fiuta lo scoop e filma tutto. La scorta si frappone e si finisce alle carte bollate: peculato e violenza privata.

Eppure, niente di tutto ciò vi fu per il gip di Ravenna, Corrado Schiaretti, che ha archiviato le posizioni per i tre uomini della scorta, assestando e distribuendo i colpi con equilibrio. Un po’ al giornalista, un po’ agli agenti, un po’ all’ex ministro del quale scrive: "La sua condotta è certamente sconveniente, poco opportuna, ma sicuramente non illecita". Da parte della scorta, invece, ci fu "una pressante, irrequieta e magari perfino irritante richiesta di ’collaborazione’, ma la loro condotta non fu violenta. Ciò che hanno fatto gli indagati, e che ha sospeso l’attività del videomaker, è stato legittimo, ovvero controllare i documenti di Lo Muzio, che subito dopo ha potuto continuare a effettuare le sue riprese". E per questo, è convinto il gip, "dalla competizione è uscito vincente". Dalle immagini è comprensibile che non vi fu "nessun contatto fisico" tra Lo Muzio e la scorta e "ciò che viene bloccata è la visuale del giornalista, non la sua effettiva libertà di movimento".

E se da un lato il giornalista "è presente in modo del tutto legittimo", "analogo diritto deve essere riconosciuto al ministro quando ritiene di non rispondere alle sue domande". Riguardo all’accusa di peculato, non sussiste in quanto "richiede un apprezzabile danno al patrimonio", che non vi fu; inoltre "la scorta di Salvini era svincolata dalla gestione della moto d’acqua". La procura aveva chiesto l’archiviazione anche per violenza privata sul giornalista, per tenuità del fatto, mentre il gip ha optato per la formula piena. Perché se da un lato "le scorte dovrebbero occuparsi della sicurezza dei tutelati, non della loro immagine pubblica", e i tre poliziotti non risultano "particolarmente accattivanti", dall’altro "il frapporsi alle riprese di un operatore, opportuno o meno, certamente non è un atto violento". E quando, con "spiccato accento romano", chiedono di non riprendere il ragazzo, frapponendosi davanti all’obiettivo, "il tono è fermo, ma non sgarbato". Infine, la frase presunta ’bene, ora sappiamo dove abiti’, riportata dal cronista ma non registrata, "provenendo da operanti della polizia e non da criminali, non pare possa essere giudicata come minacciosa".

Lorenzo Priviato