Venerdì 26 Aprile 2024

Il culto del corpo oltre la morte

Roberto

Giardina

Siamo nel XXI secolo, da più di 50 anni abbiamo conquistato la Luna, ma non siamo cambiati. Per il culto dei morti, e il rapporto con il loro corpo, ci comportiamo come gli antichi romani, i greci, gli egizi. Quel che resta di noi è più di un simbolo, cerchiamo di conservarlo oltre il tempo. Il feretro della regina Elisabetta viene portato in corteo, per ore da Balmoral a Edinburgo, per sei ore, tra ali di folla, due milioni di uomini e donne. Non vedono il corpo, chiuso nella bara, ma sentono più vicina la sovrana. Oppure si distrugge il corpo dei dittatori, bruciato, gettato nei fiumi o in mare, come un esorcismo, per cancellarne la memoria, il ricordo nella storia.

Nella cripta dei Cappuccini a Palermo sono esposti centinaia di scheletri, uomini, donne, bambini, vestiti con il saio, con l’abito della festa. Un rispetto antico che non capiamo. Dalla Sicilia a Mosca, nella Piazza Rossa, si espone il corpo imbalsamato di Lenin, venerato fino ad ieri come un santo. A Roma, il pellegrinaggio a San Pietro per vedere il corpo di Giovanni Paolo II, durò giorni. Furono più di due milioni, e non tutti erano credenti. Ero nella sua Cracovia quando morì Wotyla. E i polacchi chiedevano che venisse loro consegnato almeno il cuore del loro Papa, dove come i pagani continuiamo a sentire che risieda l´anima. Magari non a credere, ma è un sentimento che va oltre la scienza. Chopin morì a Parigi nel 1849 ed è sepolto nel cimitero del Père Lachaise, ma il suo cuore è custodito in Polonia, suo paese natale. Si dice che fosse lui sul letto di morte a chiederlo. La sorella lo portò a Varsavia dove da allora è custodito nella chiesa di Santa Croce. Chopin era convinto di affidare al cuore la sua memoria. Si continua a vivere fino a quando qualcuno ti ricorda. I sudditi di Elisabetta conserveranno per sempre quel passare lento di una bara coperta dalla bandiera.