Martedì 30 Aprile 2024

Il Cremlino apre il fronte del grano

Lorenzo

Bianchi

Dopo il gas, il grano. Vladimir Putin vorrebbe limitare la portata delle esportazioni attraverso il Mar Nero. Sostiene che finiscono in Europa e non nei Paesi poveri dell’Africa. Annuncia che ne parlerà con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, mentore e regista dell’accordo che ha acceso il semaforo verde alle navi cariche di cereali bloccate dall’invasione russa nei porti dell’Ucraina. Putin ha sciorinato alcune cifre per dare corpo alla sua tesi: solo 2 navi su 87 si sono dirette verso Paesi in via di sviluppo ai quali sarebbero arrivate 60 mila tonnellate di grano sul milione spedito all’estero. "Ancora una volta i Paesi poveri vengono presi in giro con una forma di colonialismo moderno che perpetua quello del passato", polemizza il presidente russo.

Erdoğan, tanto per cambiare, critica i suoi alleati tradizionali. "Non approvo – ha detto – l’approccio dell’Occidente sulla guerra fra la Russia e l’Ucraina, segue infatti una linea che si basa sulla provocazione. Il conflitto non finirà tanto presto. A chi prende la Russia alla leggera dico che si sbaglia, non è un Paese da sottovalutare".

L’anno scorso la Turchia ha importato dalla Russia un quarto del suo fabbisogno di petrolio e il 45 per cento di quello di gas. I turisti di Mosca affollano le spiagge dell’Anatolia. In vista delle elezioni presidenziali e parlamentari del 2023 il capo dello stato turco sembra convinto che la visibilità sullo scacchiere internazionale possa oscurare i disastri dell’economia interna. In Turchia i prezzi al consumo crescono dell’80 per cento all’anno. Erdoğan considera una sorta di insulto personale il rialzo dei tassi di interesse e così nel 2021 la lira di Ankara ha perso il 48 per cento del suo valore sul dollaro. Meglio esibirsi in prestigiosi e funambolici ruoli di mediazione sul conflitto in Ucraina. In patria c’è poco da stare allegri.