Venerdì 26 Aprile 2024

Il canto libero di Britney Spears Licenziato dal giudice il papà-tutore

Dopo 13 anni la popstar torna capace di intendere e volere: "È il giorno più bello". La gioia dei fan. Il padre ha gestito le centinaia di milioni di dollari di incassi. Il tribunale: lui è una figura tossica, non serve

Migration

di Viviana

Ponchia

Un po’ vergine e un po’ vampira. Completamente fuori di brocca, come diagnosticavano i fan appostati fuori dal rehab di turno. Altrimenti vittima umiliata di sadismo familiare e sfinge costretta a infinite resurrezioni. Britney Spears è stata (ed è) soprattutto una torta da 60 milioni di dollari. "Do you want a piece of me?", cantava nei giorni di gloria la bella bambina bionda. E tutti, a cominciare dal padre Jamie rimasto per 13 anni il tutore legale dei suoi beni, rispondevano di sì. Un pezzo per tutti. Mentre lei zitta e buona, senza nemmeno i soldi per un caffè. Ha subìto, si è rasata i capelli per protesta, ha sfamato generazioni di avvocati, aizzato il complottismo in chiave pop del movimento #FreeBritney. Ma alla fine ce l’ha fatta. Alla soglia dei 40 anni, che compirà il 2 dicembre, la "toxic" Lolita è una donna libera. Può finalmente guidare, togliersi la spirale, fare altri bambini e, se vuole, sperperare tutto ciò che possiede. "La conservatorship della persona e del patrimonio di Britney, non è più richiesta", ha annunciato la giudice Brenda Penny della corte superiore di Los Angeles. E gli irriducibili ammiratori della ragazza prodigio invecchiata male, tra i quali Paris Hilton e Miley Cyrus, sono esplosi di gioia. "Vi amo tutti – ha postato sui social dopo il verdetto – piangerò per il resto del giorno".

Spazzati via i carcerieri, fine dell’incubo cominciato nel febbraio del 2008, quando all’uscita dal reparto psichiatrico del Ronald Reagan UCLA Medical Center, in California, dove era stata ricoverata per un trattamento sanitario obbligatorio, scoprì di non essere più in possesso delle proprie facoltà mentali, dei figli, di tutto. Da temporanea la custodia era diventata permanente. Ma lei aveva continuato a lavorare appunto come una pazza, macinando centinaia di milioni di dollari. Correvano voci sul fatto che si sentisse prigioniera, per anni non si era mai lamentata. Fino alla richiesta fatta il 23 giugno al giudice: "Rivoglio la mia vita". A settembre il padre era stato sospeso dal ruolo "tossico" di tutore anche se restava valida la "custodianship". Lei, spalleggiata da un nuovo avvocato, aveva preso di mira tutta la famiglia compresa la madre, ritenuta la vera colpevole delle segregazione. Storia devastante e istruttiva, da farci come minimo un documentario. Infatti è roba di quest’anno. Un team del New York Times diretto da Samantha Stark lo ha intitolato "Framing Britney Spears". Il filo rosso è spiegare come la poverina sia stata usata dall’industria che le ha dato fama e denaro fin dai tempi di "Baby one more time", nel 1999. Dentro c’è anche un quiz a premi agghiacciante. "Dai un nome a qualcosa che Britney Spears ha perso", gracchia il conduttore. "Suo marito!", azzarda un concorrente; "I suoi capelli!" esclama un altro tra il visibilio del pubblico. Ma la risposta esatta dello spasso da prima serata è "La sua sanità mentale!".

Povera piccola Britney Jean venuta da Kentwood, Louisiana, e cresciuta fra un concorso e l’altro. Il guaio è stato fare centro al primo colpo? Disco d’esordio 20 milioni di copie vendute, un trampolino che la lancia dai centri commerciali a MTV a Times Square. I tabloid registrano tutto. Gli amori (memorabile quello con Justin Timberlake), le rotture, le macchine dei paparazzi prese a ombrellate con l’ombrello venduto a cifre vertiginose in quanto "pezzo di storia dell’intrattenimento". Fino alla crisi nervosa del 2007, alla perdita della tutela dei figli Sean e Jayden, allora di due e un anno. Nel 2011 sul palco appare letargica, nel 2015 eccitata e rinvigorita. Durante un’udienza dell’anno scorso l’avvocato paragona il suo stato mentale a quello di un paziente in coma. L’ultimo risveglio, ancora una volta, è una scommessa sul futuro.