Giovedì 25 Aprile 2024

I grandi valori ci salveranno dall’intolleranza

Davide

Rondoni

La banalità del male, espressione proverbiale nata dalla penna della grande filosofa Hannah Arendt, indica che le radici del male vivono in cose banali, atteggiamenti, figure banali. Lo dimostra la storia grande e anche la cronaca spicciola di demenziali odiatori da tastiera. Ne so qualcosa. Chi ti odia lo fa sempre perché ragiona in modo banale, senza profondità, senza impegno. E allora, dietro alle idee piccole insorge la stupida energia dell’odio, la voglia idiota di esistere a scapito degli altri, la bruta capacità di affermarsi solo negando l’altro. Le grandi ideologie violente del Novecento, Nazismo e Comunismo, si sono nutrite di queste idee piccole inculcate alle persone. Che spesso non erano già cattive, lo diventavano a furia di rigirarsi nel cervello tali idee misere, tali ragionamenti idioti.

La storia grande e la cronaca spicciola dimostrano che tale rigirìo di idee stupide foriere di odio non abita necessariamente cervelli e cuori, diciamo così, incolti. O meglio, non è detto che quella che chiamiamo forse sbagliando cultura (avere titoli, lauree, sapere un po’ enciclopedico etc) preservi dalla banalità dell’odio.

Gli orrori del passato (e del presente) sono spesso raffinatamente giustificate da intellettuali e da persone colte. Mia nonna – che aveva la seconda elementare – era certo scevra dall’odio che invece albergava allora in menti più “colte”. Questo deve metterci sull’avviso.

La banalità dell’odio non si vince con idee banali, con slogan, con semplici omaggi al politicamente corretto. Ma con umanità profonda, con quella che Cesare Pavese raccomandava a una sua amica: una ricca vita interiore. Tale vita interiore ricca, che sa opporsi e estirpare la banalità di cui si nutre l’odio, non è il frutto di ovvie raccomandazioni, di retoriche esortazioni. Ma viene generata da linfe profonde, preziose, sacre. Se le occludiamo, la banalità vince, e l’odio con lei.