Adelia
Lucattini*
Diventare madri e padri felici significa aver fatto i conti con la propria identità di figli e completato il percorso, spesso tortuoso, che porta a essere individui autonomi e coscienti di sé. La realtà racconta però che i trentenni italiani stanno attraversando un radicale cambiamento – in atto da anni – della struttura e dei ruoli familiari, senza aver avuto tempo e modo di adattarsi.
Il desiderio di avere bambini, concepito a livello razionale, ma non sostenuto da un’adeguata condizione interiore, viene quindi posticipato. Capita anche che i propri genitori, non siano stati vissuti come un esempio ‘sufficientemente buono’ da essere imitato. E, a differenza del passato, i giovani di adesso sono più introspettivi. Se da un lato comprendono quindi meglio quelli che potrebbero essere i bisogni dei figli, dall’altro vivono intensamente il desiderio di realizzarsi, indipendentemente dal livello di istruzione e dal lavoro svolto. Proprio perché più consapevoli, temono di non essere dei bravi genitori, in assenza delle giuste premesse: stabilità della coppia, adeguata situazione economica, tempo ed energie psicofisiche sufficienti a svolgere il compito loro richiesto. Scoraggia inoltre la prospettiva di essere lasciati da soli ad occuparsi dei figli dal momento che non tutti i nonni sono disponibili o possono accudire i nipoti. La mancanza di supporto psicologico nei momenti di difficoltà o l’esaurimento delle forze rappresentano un forte deterrente che porta a posticipare la decisione e, spesso, a rinunciare. È una generazione iper responsabile che abdica alle “gioie” dell’essere genitori, per il peso di troppi “dolori” in assenza di un sostegno sociale proporzionato all’impegno della genitorialità.
*Psichiatra e psicoanalista della Società psicoanalitica italiana