Mercoledì 24 Aprile 2024

"Ho dato il budino a Elena poi l’ho ammazzata"

Massacrata a coltellate a 5 anni, il racconto choc della madre: avevo una forza sovraumana. Non è esclusa l’ipotesi di un complice

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Martina Patti, 23 anni, la mamma-Medea di Mascalucia, racconta con un filo di voce piatto e incolore il film dell’omicidio della sua bambina, cerca di dare un nome al tarlo che si era insinuato nella sua mente fragile, preda di una gelosia cieca. "L’ho portata a casa dall’asilo, Elena ha voluto mangiare un budino poi ha guardato i cartoni animati dal mio cellulare. Io intanto stiravo". Sono le 14 di un lunedì caldo: "In serata dovevamo andare da un amico per il compleanno, Elena era contenta". Come lo era quando era andata a prenderla un’ora prima all’asilo e la piccola l’aveva abbracciata forte forte e baciata.

"Quando l’ho colpita, avevo una forza che non ho mai percepito prima. Non ricordo la reazione della bambina, forse era ferma, ho un ricordo annebbiato. Ma ho agito come se qualcuno si fosse impadronito di me". Un coltello da cucina, la piccola sgozzata in un campo come un animaletto da macello, colpita al collo, alla nuca, alla schiena. Sette volte. Martina prende cinque sacchi neri e ci infila il cadavere, gettandolo dentro una buca che forse aveva scavato in mattinata con un piccone e una pala e coprendolo con qualche vangata di terra lavica, odorosa di zolfo. Un elemento che, se confermato, configura anche la premeditazione. "Era la prima volta che portavo la bambina in quel campo – dice Martina – qualche tempo fa c’ero stata da sola per piantare asparagi. Ho davanti agli occhi l’immagine del coltello, ma non ricordo assolutamente dove l’ho preso". Ha fatto tutto da sola? Lei dice di sì, ma molte tessere del racconto non si incastrano. Anzitutto gli investigatori non sono certi che la bambina sia stata uccisa lì, in quel campo brullo, anzi sospettano che l’omicidio sia avvenuto nell’abitazione, che è sotto sequestro in attesa di un nuovo sopralluogo dei Ris. Se fosse così, chi ha fatto sparire le tracce di sangue dalla villetta di via Euclide? Chi l’ha aiutata nel trasporto fino alla piccola boscaglia e nell’interramento? E infine: dove è finito il coltello, chi lo ha lavato e riposto tra le stoviglie? Martina continua nella nenia: "Non ricordo, piangevo forte. Mi sono cambiata, gli abiti non erano sporchi di sangue, solo le braccia erano intrise del sangue di Elena. Non ricordo di avere sotterrato la bambina, ma sicuramente sono stata io". Troppi "non ricordo" che si aggiungono a una ricostruzione lacunosa: l’unica cosa a cui sembra tenere è il corso di infermiere. L’avvocato Gabriele Celesti traccia già la Maginot difensiva: "Farò incontrare la mia assistita con uno psichiatra di fama per verificare le sue condizioni e dopo decideremo sulla perizia".

Va affinato il movente di un gesto tanto terribile. Per i magistrati – il procuratore Carmelo Zuccaro e la vicaria Marisa Scavo che hanno firmato il decreto di fermo – alla base c’è la gelosia e l’ossessione verso la nuova compagna dell’ex convivente e padre di Elena, Alessandro del Pozzo: la bambina si mostrava troppo affettuosa e felice verso la fidanzata del papà. Per questo avrebbe pianificato il delitto costruendosi un alibi farlocco (il finto rapimento di una banda di 3-4 uomini mascherati) e un luogo dove occultare il cadavere della figlia.

Nino Femiani