Mercoledì 24 Aprile 2024

Gli stipendi dei religiosi Dai 750 euro del prete ai 4.500 del cardinale Suore e frati al ’verde’

Chi ha fatto voto di povertà non è pagato, i diaconi equiparati ai parroci. I vescovi di Curia romana prendono il doppio di quelli ordinari,. ma prima della stretta voluta da Francesco guadagnavano anche di più

di Giovanni

Panettiere

Tutto si paga, anche il lavoro del prete. Pochi lo sanno, ma gli uomini di Chiesa (cardinali, vescovi e sacerdoti), che, tra mense per i poveri, centri di ascolto e oratori, contribuiscono (e non poco) al welfare nazionale, percepiscono una remunerazione. Più o meno alta (da 750 a 4.500 euro circa), a seconda dell’anzianità di servizio e soprattutto del ruolo che occupano nella gerarchia ecclesiale. Non si tratta di uno stipendio vero e proprio, ma essendo un lavoro religionis causa è prevista una previdenza speciale e non sussiste il Tfr.

COME VENIVANO

PAGATI IN PASSATO

Con riferimento ai chierici italiani, dal Medioevo sino alla riforma del Concordato del 1984 il sostentamento del clero si basava sul cosiddetto sistema beneficiale. Ad ogni ufficio ecclesiastico (diacono, parroco, vescovo), in pratica, si accompagnava un beneficio, cioè un insieme di beni (per esempio, terreni e case in locazione) attraverso il quale avveniva ‘il mantenimento’ dello stesso incarico. In seguito all’Unità d’Italia (1861), al fine di garantire sempre un minimum idoneo ad assicurare una vita dignitosa agli ecclesiastici, qualora il beneficio era insufficiente sotto questo profilo – molti terreni e residenze della Chiesa vennero confiscati dalle autorità civili –, lo Stato interveniva in soccorso attraverso il fondo per il culto che pagava un supplemento al parroco (congrua) nell’ottica di colmare eventuali discrepanze.

COME VENGONO

PAGATI ADESSO

Oggi il modello beneficiale è stato completamente abbandonato: le buste paga dei chierici italiani sono erogate dall’Istituto centrale per il sostentamento del clero (Icsc), un organo della Cei (Conferenza episcopale italiana) il cui compito è quello di gestire gli stipendi di preti e vescovi. Come? Attraverso un articolato sistema a punti, attingendo principalmente dall’8 per mille al quale si aggiungono le offerte liberali e le rendite integrate degli istituti diocesani per il sostentamento del clero.

DIACONI, PRETI E PARROCI:

GLI STIPENDI

Ma in definitiva, quanto guadagnano i chierici con un incarico in una delle 226 diocesi italiane? Partiamo dal basso, dal diacono. Chi occupa il primo gradino dell’ordine sacro potrà diventare successivamente prete e (chissà) vescovo, ma fin quando resta tale non percepisce remunerazione. Solo i diaconi permanenti, un ministero recuperato dal Concilio Vaticano II (1962-1965) e aperto anche ai coniugati – costoro possono tra l’altro battezzare e presiedere la liturgia della parola – ricevono uno stipendio pari a 1.000-1.300 euro al mese (quanto i parroci), sempre che non abbiano una fonte di reddito derivante da altra occupazione. Saliamo al secondo livello dell’ordine sacro: il presbiterato. Trattandosi di preti, occorre fare subito una rapida distinzione tra chi è un mero sacerdote e quanti, invece, sono responsabili di una comunità di fedeli disposta su una porzione della diocesi (la parrocchia). Mentre il semplice presbitero si deve accontentare dello stipendio di un operaio (circa mille euro al mese, ma se è a inizio carriera si ferma a 750), il parroco intasca 1.000-1.300 euro. Cifre suscettibili di sensibili adeguamenti in relazione all’anzianità di servizio del presule e al conseguimento di particolari onorificenze (monsignore e altro).

VESCOVI E CARDINALI

Da prete a vescovo il salto è notevole, anche sotto il profilo economico. Conti alla mano l’ordinario di una diocesi guadagna in media 1.350-1.500 euro. Solo i vescovi di Curia romana, retribuiti dalla Santa Sede, possono percepire fino a 3.000 euro al mese. Ovviamente sia gli ordinari, sia i parroci, salvo che non facciano scelte differenti, non hanno da preoccuparsi dell’alloggio: il palazzo vescovile, per il primo, la canonica, per il secondo, sono a loro disposizione. Passiamo Oltretevere. Come è noto, chi elegge il Papa sono i cardinali. Per la precisione quelli under 80. Sono loro formalmente i titolari delle basiliche e delle parrocchie della Capitale e, proprio in quanto tali, eleggono (con l’aiuto dello Spirito Santo) il vescovo di Roma, denominato Papa solo dalla fine del IV secolo, regnante tale Siricio. Originariamente clero e popolo partecipavano a questa elezione, poi la partita passò nelle mani dei soli preti e successivamente – la riforma risale a papa Niccolò II nel 1059 – la scelta del successore di Pietro è divenuta prerogativa esclusiva dei cardinali, in rappresentanza dell’intero clero capitolino. Entrare in Cappella Sistina con un tale mandato è qualcosa da far tremare i polsi. Un onere e un privilegio ben remunerati, ad ogni modo: da 4mila a 4.500 euro, corrisposti dalla stessa Santa Sede o dalla Cei, a seconda che i porporati siano curiali o vescovi diocesani. Ad essere puntuali, i cardinali al lavoro entro le mura leonine percepivano anche di più prima della stretta sugli stipendi dei vertici di Curia romana (-10%) impressa da papa Francesco nel 2021 nel tentativo di far quadrare i conti.

SUORE E FRATI

Salvo che non esercitino una professione al di fuori della Chiesa - tipo l’insegnante di Religione -, restano a bocca asciutta. Non beneficiano di alcun stipendio. D’altronde, si sa, emettono un voto di povertà. E questo si paga.