Mercoledì 24 Aprile 2024

Giustizia, Salvini sfida Pd e 5 Stelle sui referendum

I referendum sulla giustizia proposti dalla Lega e dal Partito radicale diventano terreno di scontro nella maggioranza, con il Carroccio da una parte, e il Pd e il M5s dall’altra. Ieri Matteo Salvini ha lanciato un appello a tutte le forze politiche a raccogliere le firme "dal 2 al 4 luglio" sui sei referendum sulla giustizia che saranno depositati domani alla Corte di cassazione. "Dal 2 luglio in poi, tutte le forze politiche, da Forza Italia, a Fratelli d’Italia, al Pd, al M5s, tutti possono darci la possibilità di cambiamento" sulla giustizia, è stato l’appello del leader della Lega.

I sei quesiti proposti riguardano in particolare: 1) elezioni del Csm; 2) responsabilità diretta dei magistrati; 3) equa valutazione dei magistrati; 4) separazione delle carriere dei magistrati; 5) limiti agli abusi della custodia cautelare; 6) abolizione del decreto Severino.

Ma subito è arrivata la doccia fredda dal M5s. "Il referendum è una evidente arma di distrazione. Salvini sa che il parlamento sta affrontando importanti riforme della giustizia? È quella la sede". Così ha commentato il presidente della commissione Giustizia della Camera, Mario Perantoni (M5s). Ma anche il Pd frena l’entusiasmo di Salvini: "La riforma della giustizia va fatta in parlamento", ha dichiarato Debora Serracchiani, capogruppo Pd alla Camera.

Anche Forza Italia, però, frena sull’iniziativa: "Le riforme? Vanno fatte assolutamente. Senza referendum, è meglio". Così ha sottolineato il coordinatore nazionale di FI, Antonio Tajani.

La risposta del Carroccio non si è fatta attendere: "Il referendum è il trionfo della democrazia. Significa dare la parola ai cittadini. Spiace che il M5s disprezzi tutto questo", hanno risposto ai 5s i capigruppo Lega di Senato e Camera, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari.

red. pol.