Venerdì 26 Aprile 2024

Flop digitale, il web non elimina lo sportello

L’esito paradossale di una rivoluzione incompiuta: spesso serve comunque un passaggio fisico negli uffici (e la procedura raddoppia)

Lo Spid

Lo Spid

di Antonio Troise

L’addio alla carta è rimasto sulla carta. Il 28 febbraio scorso c’è stato il D-Day della pubblica amministrazione, dove la D stava per "digitalizzazione" dei servizi e dei pagamenti. Si è trasformato nell’ennesimo flop. Se ne è accorta la signora che aveva prenotato online l’ingresso nell’ufficio postale per fare lo Spid e ha dovuto mettersi pazientemente in fila, in barba a ogni procedura digitale: troppe persone presenti negli uffici dove era aperto uno solo sportello. Che fosse un flop annunciato se ne erano già resi conto i tecnici alle prese con il Superbonus del 110%: avrebbero dovuto attendere fra i 6 e i 12 mesi per ottenere dagli enti locali i certificati necessari per presentare la domanda. Problema superato solo grazie all’ultimo decreto che ha semplificato le procedure. Cronache di una digitalizzazione che avrebbe dovuto scattare già da agosto del 2016. Poi, di proroga in proroga, si è arrivati all’ultima scadenza. E all’ennesima delusione. Anche perché l’effetto di una digitalizzazione incompleta ha di fatto duplicato le procedure: non si è abbandonata la carta ma in più si sono aggiunti i passaggi imposti dal digitale. Passaggi che obbligano a rimettersi in fila allo sportello e stampare altra carta.

Il problema, ovviamente, è a monte. Per accedere ai servizi occorre avere la famosa "identità digitale". Negli ultimi anni, grazie anche a provvedimenti come i bonus e il cashback che lo richiedevano, gli italiani dotati di Spid sono passati da 6 a 17,3 milioni. Ma siamo ancora a poco più di un quinto della popolazione. La verità è che la procedura, soprattutto per la popolazione più anziana e meno digitalizzata, è farraginosa. In più non c’è stato alcun investimento in formazione o per rendere più semplici le procedure, che ancora prevedono almeno un passaggio fisico o cartaceo.

La sintesi della situazione è nell’ultimo rapporto Ue sul Digital Economy and Society Index, l’indice che misura l’avanzamento dei processi di digitalizzazione. L’Italia è quartultima su 28, peggio sono riuscite a fare solo Romania, Bulgaria e Grecia. Rispetto alla media europea abbiamo 9 punti di scarto. È vero che il governo ha deciso di spostare al 31 dicembre la scadenza del D-Day per i Comuni con meno di 5mila abitanti, gli ospedali e le scuole. Secondo gli ultimi dati disponibili, 6 amministrazioni su 10 hanno dichiarato di essere in regola con la digitalizzazione. Ma anche così i conti non tornano. Su 23mila mila enti, ad esempio, solo 5.737 hanno deciso di utilizzare lo Spid come porta di accesso esclusiva ai propri servizi. E appena 42 hanno adottato la Carta di Identità elettronica. Non sono ancora pervenuti, invece, i dati sulla Carta Nazionale dei Servizi, il terzo "passaporto" di accesso per usufruire della burocrazia on line.

Non vanno meglio le cose per gli enti collegati con PagoPa, il portale per i pagamenti della PA: solo il 38,6% delle amministrazioni è in regola. Ancora più deludente il bilancio dei servizi offerti dall’app Io: presenti appena 400 enti su 20mila. La svolta potrebbe esserci con la montagna di soldi prevista dal Pnrr proprio per digitalizzare il Paese. Vedremo se sarà finalmente la volta buona.