Mercoledì 24 Aprile 2024

Enrico Lucherini "Io e la Loren, vera diva Volonté il più antipatico, Mastroianni un amico"

"Ho appena festeggiato i miei 90 anni a cena con Ursula Andress. Papà voleva che diventassi medico e io mi iscrissi a un corso di teatro. Con Sophia passavamo le ore a scegliere le sue immagini migliori"

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di Giovanni

Bogani

Enrico Lucherini, novant’anni compiuti pochi giorni fa, lunedì 8. "No, non festeggio", dice. "Di feste ne ho organizzate troppe, nella mia vita. Solo una cenetta, con pochi amici e con Ursula". Ursula è Ursula Andress, la prima Bond girl della storia del cinema. Di quel cinema che si è avviluppato alla vita di Lucherini per settant’anni. "Volevo fare l’attore, volevo far parte di quel mondo, da quando ero bambino – racconta –. Sono nato lo stesso anno in cui è nata la Mostra del cinema di Venezia, nel 1932, novant’anni fa. A sette anni mio padre mi portò sul set di un film con Macario, un grande comico dell’epoca. A sentire dire “ciak“, “motore“, “azione!“ ero scosso da un fremito di gioia. Ed è sempre stato così. Il cinema, per me, è stato un sogno e un destino". C’è persino una parola entrata nel vocabolario, nata dal suo nome: "lucherinate". Sono quelle notizie, un po’ vere e un po’ esagerate ad arte, che permettono di promuovere meglio un film.

Enrico, frughiamo in un immenso scaffale di ricordi. Come iniziò l’amore per il cinema?

"Avevo quindici anni: la guerra era appena finita, arrivavano i grandi film americani. Su un piccolo quaderno, incollavo le foto dei divi, davo il mio voto ai film, in stelline, e scrivevo brevi frasi, come per lanciare il film. Giocavo già a fare il press agent, senza saperlo!".

Fece anche l’attore?

"Mio padre volle che studiassi Medicina: obbedii, ma mi iscrissi a una compagnia teatrale. Tuttavia come attore, non mi vergogno a dirlo, ero un cane. Una sera, ebbi il colpo di genio: portai i giornalisti alle prove dello spettacolo, raccontai loro tutto dello spettacolo. Uscirono dei begli articoli. Lì iniziò la mia carriera, durata settant’anni".

L’attrice con cui ha lavorato più volentieri?

"Sophia" (Loren, naturalmente. Enrico Lucherini non dice mai i cognomi: saranno sempre "Sophia", "Luchino", "Federico", "Marcello". Amici, compagni di quel gioco immenso che fu il cinema glorioso della Dolce vita) "Sophia aveva capito tutto di questo mestiere. Passava ore a scegliere la foto giusta, insieme a me. Capiva quanto fossero importante la stampa, e la pubblicità".

Quella a cui ha combinato la peggior "lucherinata"?

"Sandra" (Milo). "Interpretava un film in costume, Vanina Vanini. C’è una scena con un candelabro, e lei con una parrucca enorme. Avvertii i fotografi; poi feci in modo che la sua parrucca, sfiorando il candelabro, prendesse fuoco. Sandra si prese uno spavento tremendo, ma per i fotografi fu una festa: “Sandra Milo in fiamme, rischia la vita sul set“, titolarono".

Altre lucherinate?

"Rosanna Schiaffino a una prima avrebbe indossato un vestito rosso fuoco, bellissimo ma difettoso: si apriva sulla schiena. Telefonai a tutti i fotografi: “mi raccomando, oggi non andatele davanti, andatele dietro…“. Il vestito fece crac, e l’indomani Rosanna era ovunque".

Quali sono stati i suoi amici veri, in quel mondo?

"Luchino (Visconti), Pier Paolo (Pasolini), Marcello (Mastroianni)… Marcello mi raccontava sempre i suoi amori, amori sfortunati, nonostante lui fosse l’uomo più bello del mondo. Claudia (Cardinale), che era libera e selvaggia come una tigre".

I più strani?

"Michelangelo (Antonioni) e Monica (Vitti). Mi invitano nella loro casa bellissima, con vista sui Parioli. Di colpo Monica fissa il pianoforte, e urla: “Michele! Mi parla, mi parlaaaa!!!!“. Io allibito. Michelangelo si getta sul pianoforte, per ascoltarlo. Io: “Ma che ve dice, sto pianoforte?“. E me ne vado".

I capricci delle dive esistono davvero?

"Come no! La peggiore, la più difficile, la più imprevedibile vuoi sapere chi era?".

Certo…

"Madonna. Venne per la prima di Evita: bravissima sullo schermo, ma incontentabile. Mi fece diventare pazzo. Ingestibile. E Scarlett".

O’ Hara?

"Johansson. Arrivava in hotel, e dopo venti minuti aveva cambiato già quattro suites. Perché il cammino del sole rispetto alle finestre non era giusto. Magari la colpa non era nemmeno sua, ma dei suoi agenti, che vogliono far sentire quanto potere hanno".

Oggi il mondo dello spettacolo è pieno di intermediari: agenti, uffici stampa, assistenti...

"Adesso è diventato un inferno: prima, gli attori lo raggiungevi con una telefonata".

Il divo italiano meno simpatico?

"Gian Maria" (Volonté). "Un altro bravissimo, ma difficilissimo da approcciare, elusivo, distante".

Il divo straniero meno simpatico?

"Alain Delon. Scontroso, brutale, mai accomodante".

Esigenze folli?

"Schwarzenegger doveva sempre avere un’intera palestra nella stanza d’albergo. Anche se, figlio mio, fra interviste, conferenze e proiezioni, in quella stanza ci sarà stato venti minuti".

Lei li compra ancora i giornali di carta?

"Sempre. Parafrasando un film di Coppola, “mi piace sentire l’odore della carta stampata, al mattino".