Mercoledì 8 Maggio 2024

"Le emozioni nascono dal cuore". Gli scienziati: il cervello non c’entra

La conferma da una ricerca delle università di Pisa e Padova: i sentimenti partono dal petto, non dalla testa

Lo studio delle Università di Pisa

Lo studio delle Università di Pisa

Per gli Egizi il cuore era la sede del pensiero, della memoria e delle emozioni, il responsabile del carattere. Fino all’ultimo lo tenevano in grande considerazione e lo pesavano al momento della morte: se riusciva a bilanciare la piuma della verità il defunto poteva andare trionfalmente all’altro mondo, in caso contrario veniva ingoiato da Ammit, il mostro mash up di coccodrillo, leone e ippopotamo.

Nella Bibbia la parola cuore compare più di mille volte, motore di ciò che l’uomo decide di essere e fare ("Dio ci ha dato un cuore per conoscere, per pensare"). I poeti lasciamoli perdere, Dante sogna addirittura che Beatrice gli mangi il suo prima di perdersi nella selva dell’errore. E allora il cervello, esaltato dall’Occidente geometrico come quartier generale della ragione, considerato capace di comandare a bacchetta una gamba, un prurito, una scommessa clandestina? Prende ordini dal basso. Da quel muscolo che con il suo battito lo culla o lo manda in tilt senza chiedere permesso. Che tra i due ci fosse un rapporto stretto lo si è sempre sospettato, una hot line bidirezionale viziata però dalla gravità, per cui dai piani alti parte il segnale di paura e nel petto scalpitano i cavalli della tachicardia.

Tale corrispondenza è documentabile da chiunque sia stato inseguito da un giaguaro o dall’amore, ma è stata a lungo sbilanciata a favore dell’organo grande e misterioso contenuto nel cranio, tutto un intrico di sinapsi in grado di inondare il corpo di ordini salvifici (respira!) ed emozioni più o meno piacevoli (disperati, lei non ti vuole). Poco alla volta la scienza ha corretto il tiro: quei due fenomeni si scambiano informazioni cruciali ma è il cuore a farla da padrone, infatti il 90/95% dei nervi che li connettono sono fibre neurali ascendenti e non bisogna scomodare il dio Anubi per capire chi comanda in casi del genere. Altro che pompa meccanica, albergo di sentimenti vulnerabili.

Negli antichi riti sacrificali peruviani era strappato dal petto dei prigionieri vivi per essere offerto in dono al Sole e una ragione ci sarà. Il latino recordor e l’italiano ricordare vengono da lì, in francese imparare a memoria si dice "apprendre par coeur". La memoria, signori, la conserviamo nel petto. E poi, perché avrebbero dovuto metterlo al centro del corpo se il suo compito fosse solo sciogliersi per la tenerezza? Negli ultimi trent’anni i battaglioni delle Neuroscienze hanno cominciato a riscattare intuizioni millenarie. Il cuore ha un cervello. Meglio, come scrisse nel 1991 il dottor J. Andrew Armour: il cuore è un piccolo cervello con una complessa rete neuronale indipendente.

Vent’anni prima i coniugi John e Beatrice Lacey avevano scoperto che il muscolo cardiaco ha una sua mente e comunica con il cervello tanto da influenzare il modo in cui percepiamo il mondo, insomma è l’organo predominante che come nella Bibbia pensa, ascolta, decide, ama, giudica, ricorda. Ora lo studio pubblicato dai bioingegneri dell’Università di Pisa, Padova e dalla University of California conferma tutto: è lì che nascono le emozioni, non nel cervello. Quindi prima ci batte il cuore all’impazzata e poi ci rendiamo conto di avere paura o di essere innamorati, non viceversa. Quindi aveva ragione il tanto bullizzato Piccolo Principe: "Il mio segreto è molto semplice: non si vede bene che col cuore".