Venerdì 3 Maggio 2024

Elettra Marconi: "La nave era la nostra casa. Papà faceva gli esperimenti e io giocavo con l’elettricità"

La figlia di Guglielmo: "Diceva che le sue scoperte erano un dono di Dio. Aveva previsto la nascita dei telefonini, ma fu un genio incompreso"

Guglielmo Marconi con la seconda moglie Maria Cristina Bezzi-Scali e la figlia Elettra (Archivio della Fondazione Marconi)

Guglielmo Marconi con la seconda moglie Maria Cristina Bezzi-Scali e la figlia Elettra (Archivio della Fondazione Marconi)

Roma, 21 aprile 2024 – L’uomo che guardava lontano verso il futuro sognando di unire il mondo con la comunicazione senza fili parlava alla sua bambina immaginando che proprio lei avrebbe fatto da testimonial nel secolo successivo quando la realtà si sarebbe evoluta ancora superando la fantasia dei suoi esperimenti. Il papà e la piccola, Guglielmo Marconi (1874-1937) e sua figlia, la principessa Elettra, che oggi ha 94 anni (coniuge del principe Giovanelli, scomparso nel 2016). Elettra vive a Roma col figlio Guglielmo e la nuora Vittoria, è la vestale della memoria del padre nel 150esimo anniversario della nascita (25 aprile). L’Italia e Bologna fibrillano di eventi, spettacoli, mostre con grande mobilitazione degli enti locali e del Ministero della cultura. Tutto ebbe inizio con uno sparo verso il cielo. Era una mattina del 1895 quando con un colpo di fucile il fratello di Guglielmo confermò di aver percepito oltre la collina dei Cappuccini il segnale radio inviato dalla soffitta di Villa Griffone di Pontecchio, residenza di campagna dei Marconi. La trasmissione di segnali a distanza per via elettromagnetica funzionava. Il resto è storia.

La principessa Elettra Marconi alla presentazione delle iniziative per i 150 anni della nascita del padre
La principessa Elettra Marconi alla presentazione delle iniziative per i 150 anni della nascita del padre

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Principessa, è soddisfatta delle celebrazioni messe in campo per i 150 anni?

"Mio padre lo merita, con lui il mondo ha fatto un grande passo avanti. Tutta l’Italia è mobilitata e mi fa immenso piacere. Tempo fa sono stata a Bologna in occasione della presentazione delle celebrazioni allestite in città attraverso la Fondazione Marconi. Alla presenza della sottosegretaria alla cultura Lucia Borgonzoni ho accettato di diventare presidentessa onoraria della Fondazione con sede proprio a Villa Griffone".

Com’era il genio nella vita privata?

"Io ero bambina, l’ho perso a sette anni. Lo ricordo affettuoso, sempre premuroso verso la famiglia. Mi faceva giocare con l’elettricità e cercava di mettere mia madre al corrente dei suoi esperimenti e delle sue intuizioni".

Avete vissuto a lungo sullo yacht che porta il suo nome?

"L’Elettra era praticamente la nostra casa - laboratorio dove mio padre effettuava parte dei test. Mia madre ed io eravamo sempre con lui. Ecco perché mi ha trasmesso anche la passione per il mare".

Com’era la vita a bordo?

"Si navigava da marzo a ottobre. Alla mattina la sveglia suonava molto presto e papà dopo la colazione si rinchiudeva sua cabina – stazione radio tutta valvole, sensori, orologi con i diversi fusi orari, fusibili, interruttori. Passava lì gran parte della giornata, eppure trovava anche il tempo di giocare con me".

Lei vive a Roma, ma che sentimento prova per Bologna?

"È parte di me e della mia famiglia. Mi sento legata soprattutto a Sasso Marconi perché nella villa di Pontecchio dei miei nonni ad appena 21 anni, nel 1895, papà realizzò il primo esperimento della comunicazione senza fili. E Bologna dove è nato gli ha sempre voluto bene".

È vero che aveva immaginato che un giorno sarebbero nati i telefoni cellulari?

"La sua genialità glielo fece pensare. Nel 1931 inventò il primo radiotelefono per Papa Pio XI. Era un apparecchio piuttosto voluminoso che il Papa portava in auto. Mio padre immaginava l’evoluzione della tecnologia e ripeteva a sempre che in futuro i telefoni sarebbero stati come scatolette da tenere in tasca per poter chiamare la fidanzata, la famiglia o gli amici. Oggi tutto questo è realtà".

Era molto legato al Vaticano.

"Era molto credente e diceva che le sue invenzioni in fondo erano un dono di Dio. Papa Pio XI gli chiese di allestire una stazione radio molto potente in Vaticano per poter raggiungere con la benedizione il maggior numero di persone in tutti i Paesi del mondo. E lui la realizzò".

Lei da bambina andò in Vaticano?

“Il Santo Padre chiedeva a Guglielmo di portarmi con sé alle udienze e io andavo insieme a mia madre Maria Cristina Bezzi Scali. Ricordo mio padre vestito di scuro che conversava con il Pontefice vestito di bianco. E io giocavo lì vicino a loro, ero vivace ma Pio XI diceva ‘è piccola lasciatela fare…’".

All’inizio in Italia fu un genio incompreso…

"Provò grande amarezza quando il Paese non capì subito l’importanza della sua intuizione e non lo appoggiò.L’invenzione fu accolta in Inghilterra e dopo lui costruì stazioni radio nel mondo. La prima a ricevere un comunicazione transatlantica era collocata nell’isola del Newfoundland in Canada. Il segnale arrivò il 12 dicembre 1901 alle 12,30” . Poi l’Italia recuperò il terreno perduto".

Lei cosa pensa dei social network?

"Sono utili perché devono servire anche per il bene comune oltre che per comunicare. Mio padre comprese che i sistemi di comunicazione erano fondamentali per scopi di utilità e per la gente di mare. Ripeteva che le invenzioni devono servire non per fare danni ma per far avere benefici all’umanità".