Martedì 14 Gennaio 2025
VIVIANA PONCHIA
Cronaca

Due camere d’aria per restare a galla. A 11 anni sopravvive al naufragio

Yasmine è rimasta per tre giorni aggrappata a un salvagente di fortuna, recuperata al largo di Lampedusa "Eravamo in 45 quando la tormenta ha travolto la barca. Sono caduta in acqua, ho visto gli altri morire" .

Una bambina di 10 anni circa è arrivata da sola a Lampedusa su una barca.

Una bambina di 10 anni circa è arrivata da sola a Lampedusa su una barca.

Il dio del mare, stanco di troppa morte, ha deciso di lasciarla vivere. Così ha ordinato alla tempesta di addolcire le onde, ad Afrodite di farsi madre, alle sirene di cantare contro la paura. Se gli uomini hanno un talento per l’incubo, che questo almeno assomigliasse a un sogno. Anche le stelle hanno bucato le nuvole mentre il prodigio entrava in incubazione. E al momento buono le orchestre del cielo e dell’acqua hanno accompagnato la voce della bambina sopra il rombo della Trotamar III, dentro le orecchie e il cuore dello skipper Matthias Wiedenlubbert: "È stato un miracolo avere sentito le sue urla con il motore dell’imbarcazione acceso". Non si può chiamarlo in un altro modo.

Il salvataggio di una ragazzina di 11 anni, Yasmine, precipitata l’8 dicembre da un barchino di latta con altre 44 persone e rimasta a galleggiare nel Canale di Sicilia per tre giorni sfugge alla logica dei naufragi, confonde i marinai. Tutti allibiti. Gli operatori umanitari, i medici del poliambulatorio di Lampedusa dove la piccola donna originaria della Sierra Leone adesso continua a dormire perché sì, era "molto molto stanca". Però tutto sommato in buona salute. E nemmeno traumatizzata. Solo grata per il tepore della coperta termica e il kit riservato ai bambini alla deriva che arrivano all’hotspot di Contrada Imbriacola: uno zainetto di tela con dentro i pennarelli e un album da colorare.

Settantadue ore a mollo con il vento a 23 nodi e onde alte undici metri, attaccata a due salvagenti di fortuna fatti con tubi riempiti d’aria e un giubbotto di salvataggio. Senza acqua, senza cibo. Al gelo dentro l’immensità liquida che separa i continenti e contiene tutti i misteri di cui i bambini hanno paura. Da sola, perché i due fantasmi aggrappati alla vita come lei sono stati portati via dalla corrente. Li ha visti morire tutti i suoi compagni di viaggio partiti dalla Tunisia nell’ennesima traversata della disperazione. Anche il fratello. Non ci sono domande da fare, persino il dio del mare ha esaurito le risposte.

La bambina ha provato a dirlo con parole sue, lucide come lame: "Siamo partiti quattro o cinque giorni fa da Sfax. Eravamo 45. Poi sono arrivati la pioggia, il vento. E la barca è affondata. Siamo finiti tutti in acqua. Vicino a me sono rimasti due ragazzi, poi dopo due giorni non li ho più visti, il mare li ha allontanati". Unica superstite dell’odissea che i "facilitatori" dell’immigrazione clandestina riciclano appena il meteo lo consente: nelle ultime ore il tempo è migliorato e la giostra è ripartita, nella notte prima del salvataggio erano già sbarcati in 356.

In caso di naufragio il miracolo è sempre l’eccezione, lo sa bene l’equipaggio di Trotamar III, un veliero di 13 metri: Toki, Alex, Olli, Friedrich, lo skipper Matthias e la co-skipper Ina, un gruppo di attivisti tedeschi della ong Compass Collective con alle spalle quarant’anni di lotta contro le scorie nucleari. Sul mare è diverso. E bisogna provare a immaginare. Partire dal brivido che increspa la pelle d’estate dopo una nuotata, dai terrori dell’infanzia. Avere undici anni e una tempesta sulla testa, i mostri sotto ai piedi.

Stavolta non abbiamo abbastanza fantasia. Nessuno dei soccorritori era tanto ingenuo da sperare di trovare qualcuno vivo. Matthias la ricorderà per sempre quella voce: "Per caso, alle 3.20 del mattino, abbiamo sentito i richiami nel buio". Alle sei la ragazzina veniva consegnata al servizio di soccorso di Lampedusa e alla coscienza del mondo.