Venerdì 26 Aprile 2024

Domenica di sangue. Ma nessuno si ferma

Oltre 49 morti ieri (circa 200 in totale). Netanyahu continua i raid e a Tel Aviv nuova pioggia di missili. La Cina si fa avanti: mediamo noi

Migration

di Giampaolo Pioli

Doveva essere la domenica che guardava al cessate il fuoco. Invece con oltre 49 morti (circa 200 dall’inizio degli scontri) è stata la più sanguinosa giornata di attacchi fra israeliani e palestinesi. Nessuno però si ferma. Né Israele e nemmeno gli estremisti di Hamas che hanno già lanciato migliaia di razzi sulla popolazione di Tel Aviv e nelle città vicine causando complessivamente 12 vittime. L’esercito israeliano ha risposto nella notte bombardando la casa del leader di Hamas, Yahya Sinwar.

Il presidente americano Joe Biden ha chiesto a Netanyahu e Abbas il cessate il fuoco ma senza esercitare troppa pressione su Israele, che invece, sostiene il premier israeliano, "ha bisogno di più tempo per demolire le capacità offensive degli estremisti di Hamas" che nella striscia di Gaza nascondono armi e missili nei tunnel scavati sotto le abitazioni civili facendosi scudo della popolazione.

Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu dopo l’appello fermo del segretario generale Guterres si è ripetuta la litania delle condanne degli altri stati membri compresi gli americani che sembrano lavorare dietro le quinte. La sensazione è che questa volta anche i palestinesi della Cisgiordania tollerino ancora la prosecuzione degli attacchi israeliani contro Hamas per sfiancare l’organizzazione estremista e sedersi con più peso negli eventuali nuovi negoziati di pace. Anche dal Papa è arrivato l’appello a "far cessare il frastuono delle armi".

Ma tutti mettono in conto altre decine di morti nelle prossime ore. Netanyahu ha detto di aver trasmesso a Washington le prove per giustificare l’attacco alla torre dei media che conteneva anche gli uffici di Hamas. L’osservatore palestinese all’Onu ha accusato Israele di "crimini contro l’umanità" e l’ambasciatore israeliano ha replicato "lo scontro è stato un atto premeditato di Hamas e se ne pentirà". L’inviato americano Hady Amr, spalleggiato da Egitto e Qatar che dialogano con Hamas, ha iniziato il contatto con le parti.

Di fronte all’incertezza di Biden, in equilibrio tra la difesa dei diritti di Israele e la legittimità dei palestinesi nel rivendicare un loro Stato , ieri è entrata in campo la Cina. Pechino, ha dichiarato il ministro degli Esteri Wang Yi, "accoglierebbe favorevolmente i colloqui fra israeliani e palestinesi sul suo territorio". Può sembrare una provocazione, ma è una sfida diretta agli Usa anche sul piano diplomatico.