Giovedì 25 Aprile 2024

Definitiva la condanna per stupro Ma Robinho ormai è in Brasile

Non c’è estradizione e l’Italia dovrebbe chiedere un mandato d’arresto internazionale

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La condanna a nove anni è diventata definitiva, ma l’ex attaccante brasiliano del Milan Robinho dribbla il carcere e la giustizia italiana. La Costituzione federale, infatti, non consente l’estradizione dei cittadini brasiliani. Resta la mossa del mandato d’arresto internazionale, che scatterebbe se Robinho dovesse mettere piede in un Paese che ha un accordo di estradizione con l’Italia. Una partita ancora tutta da giocare, dopo la sentenza della Cassazione che ieri ha confermato la condanna a nove anni per violenza sessuale di gruppo per l’ex calciatore, 37 anni, e per l’amico Ricardo Falco. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai difensori, confermando così la sentenza della Corte d’Appello di Milano. Il 22 gennaio del 2013 Robinho e Falco avrebbero fatto bere una ragazza albanese conosciuta in una discoteca di Milano fino a renderla incosciente. Poi l’hanno violentata a turno, senza che lei potesse opporsi, nel guardaroba del locale notturno, dove la giovane stava festeggiando il compleanno con gli amici. Le indagini partirono dopo la denuncia presentata dalla donna. "Il problema ora diventa di natura anche politica – spiega il legale della vittima dello stupro – visto che entrambi i condannati si trovano attualmente in Brasile". Schiveranno quindi il carcere, almeno per il momento. Proprio per evitare l’estradizione, finora l’ex rossonero non ha potuto mettere piede in quasi 70 nazioni del mondo, tra cui Argentina, Australia, Canada, Stati Uniti, Regno Unito e membri dell’Unione Europea. Lui, intanto, continua a negare lo stupro, sostenendo che la ragazza era consenziente. Uno dei suoi difensori ha parlato di un processo "viziato", reputando il suo assistito "vittima di un massacro da parte dei media" che anche in Brasile hanno messo sotto i riflettori il caso giudiziario.

Andrea Gianni