Venerdì 26 Aprile 2024

Crisi politica e Isis, l’ora più buia di Israele

Raffica di attentati in pochi giorni: ora Hamas sostiene i lupi solitari dello Stato islamico. Bennett in difficoltà: mano libera all’esercito

di Aldo Baquis

Israele torna a stringere i denti di fronte a un’offensiva terroristica palestinese che nelle ultime due settimane si è manifestata in rapida successione, in quattro città diverse, provocando la morte di 14 persone e mettendo a dura prova il senso di sicurezza dei cittadini. "Siamo in massima allerta. Ho dato piena libertà di azione all’esercito e allo Shin Bet per sradicare il terrorismo", ha detto in un messaggio alla Nazione il premier Naftali Bennett, poco dopo che un’unità scelta era riuscita a scovare e a uccidere a Jaffa un attentatore palestinese che nove ore prima aveva seminato il panico nella centralissima via Dizengoff di Tel Aviv. Raed Fathi Hazem, 28 anni, giovedì sera aveva fatto irruzione in un pub e aveva sparato a bruciapelo sugli avventori lasciandosi poi dietro lungo la stessa strada una scia di morti (tre) e di feriti.

Il presidente palestinese Abu Mazen ha condannato l’attentato. Ma nella stessa Ramallah, come a Jenin (la città doveva viveva l’attentatore) e a Gaza si sono viste scene di entusiasmo e sono stati distribuiti dolciumi ai passanti. "Sarà un Ramadan di lotta", ha avvertito Hamas. I primi ad ammettere che Israele è stato colto di sorpresa sono stati i responsabili dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno, quando il 22 marzo a Beer Sheva un beduino fautore dello Stato islamico si è avventato sulla folla, uccidendo a coltellate quattro passanti, prima di essere abbattuto. Cinque giorni dopo due arabi israeliani, pure ammiratori dell’Isis, si sono presentati nel centro di Hadera (a nord di Tel Aviv) dove hanno sparato sui passanti facendo due morti. Mentre lo Shin Bet verificava se Israele fosse di fronte al risveglio di ‘cellule dormienti’, nuovo attentato, il 29 marzo, a Bnei Brak, popoloso sobborgo ortodosso di Tel Aviv: cinque morti per mano di un attentatore di Jenin. Giovedì il quarto attentato, a Tel Aviv, nuovamente per mano di un giovane palestinese, cresciuto in una famiglia di al-Fatah. Per ore ha tenuto testa, nel centro della città, a mille agenti. Rilanciata dai social, la vista del palestinese solitario che imponeva di fatto una sorta di coprifuoco a Tel Aviv ha elettrizzato molti palestinesi. "Un’azione eroica", ha stabilito Hamas. "Una prova ulteriore che Israele è debole e in stato confusionale", secondo gli Hezbollah. Bennett, che ha appena perso la maggioranza parlamentare dopo una manovra di corridoio del suo acerrimo rivale Netanyahu, deve ora misurarsi con la più grave sfida terroristica degli ultimi anni, perché viene da ‘lupi solitari’.

Il ‘successo’ dell’attentatore precedente ha incoraggiato quello seguente in una catena che sembra alimentarsi da sé e che, data l’imprevedibilità, non è facile da spezzare. In passato la minaccia militare maggiore dei palestinesi era costituita da Hamas: un’organizzazione che a Gaza conta 20-30mila uomini, dotati di droni kamikaze e di razzi capaci di colpire quasi l’intero territorio israeliano. Ma ora Hamas mantiene la calma a Gaza e si limita a fare da cassa di risonanza dei singoli attentatori, incoraggiando anche altri a passare all’attacco: a Gerusalemme est, fra i beduni del Negev, in Cisgiordania e nelle città israeliane. L’obiettivo immediato è di far serpeggiare la insicurezza nelle strade di Israele e scoraggiare la popolazione. Nel lungo termine, secondo i leader di Hamas, la abolizione dello Stato resta una "necessità storica".