Venerdì 3 Maggio 2024

Covid, impennata dei casi. La pandemia resta un incubo. La psicologa: "Da lì nascono le nostre paure"

Infezioni quadruplicate in un mese, la psicologa Gulino: "Ci portiamo dietro l’ansia degli ultimi anni". Anche se l’Oms ha equiparato il virus all’influenza c’è il terrore di rivedere mascherine e lockdown

Roma, 20 settembre 2023 – Dopo circa due mesi di sostanziale stabilità del numero dei nuovi casi settimanali di Covid-19 - tra metà giugno e metà agosto hanno oscillato tra 3.446 (6-12 luglio) e 6.188 (3-9 agosto) - da 4 settimane consecutive si rileva una progressiva ripresa della circolazione virale. Dalla settimana 10-16 agosto a quella 7-13 settembre il numero delle nuove infezioni settimanali è quasi quintuplicato, passando da 5.889 a 30.777, il tasso di positività dei tamponi è aumentato dal 6,4% al 14,9%, la media mobile a 7 giorni da 841 casi/die è salita a 4.397 casi/die, mentre l’incidenza è passata da 6 casi a 52 per 100mila abitanti. Ma nelle ultime quattro settimane si registra anche un numero di decessi più che raddoppiato. E ancora: i ricoveri in area medica, dal minimo (697) raggiunto il 16 luglio ad oggi sono più che triplicati (2.378). In terapia intensiva, invece, si è passati dal minimo (18) del 21 luglio a quota 76. Questi i principali dati del monitoraggio settimanale condotto dalla Fondazione Gimbe. “Numeri sì bassi - commenta Nino Cartabellotta, presidente Gimbe -, ma anche ampiamente sottostimati rispetto al reale impatto della circolazione virale perché il sistema di monitoraggio, in particolare dopo l’abrogazione dell’obbligo di isolamento per i positivi, di fatto poggia in larga misura su base volontaria”.

L'impennata dei casi di Covid
L'impennata dei casi di Covid

Dottoressa, perché il Covid, anche in una forma più debole, fa comunque sempre paura?

"Perché è lo specchio delle nostre fragilità", risponde Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana e membro del Consiglio nazionale che di quello che sta succedendo nelle persone ha un contatto diretto giornaliero.

Le cosiddette persone fragili hanno avuto un’assistenza importante durante la pandemia pur pagando un caro prezzo. Che cosa si può fare di più ora?

"Vero, abbiamo fatto molto per loro nel momento più difficile del Covid. Ma nel frattempo si è creato allarme per una nuova categoria".

Maria Antonietta Gulino, presidente dell'ordine degli psicologi della Toscana
Maria Antonietta Gulino, presidente dell'ordine degli psicologi della Toscana

A chi si riferisce?

"Agli adolescenti, sono loro i nuovi fragili, dalla prepubertà ai 18 anni. Questa loro fragilità è soprattutto psicologica e viene dalla precarietà con la quale, proprio durante la pandemia, hanno dovuto affrontare l’ultimo step per costruire la loro personalità. E che per questo stanno vivendo anni di incertezza".

Colpa delle chiusure?

"L’emergenza era doverosa per la situazione del Paese, ma ha rallentato la loro crescita; hanno avuto difficoltà a proseguire il ciclo di sviluppo quando intorno pareva remare tutto contro".

E quindi hanno più paura di un ritorno della malattia?

"Hanno paura di un mondo che non ti dà grandi possibilità, dove ecoansie e disagi familiari li hanno portati a essere disorientati e a vivere male lo stress di una società più virtuale che reale".

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Sono conseguenze da accreditare al Covid?

"Certo, il disagio fisico si ripercuote su quello mentale e sulla salute in genere. Dopo due anni di isolamento molti di loro temono per la propria condizione e fanno fatica a dominare lo stress, la depressione, l’ansia generalizzata".

Gli adulti hanno reagito diversamente?

"I postumi sono quelli di una stanchezza cronica legata ad avere dovuto rivoluzionare la vita, gli spostamenti, il lavoro fatto da casa. La pandemia ha appesantito le nostre strutture cognitive, affettive, relazionali. La paura di una nuova ondata pandemica che ancora è presente nelle persone è dovuta proprio a questo: il timore di non stare al passo coi tempi in quella che io chiamo la società della rincorsa".

Nata come risposta al Covid?

"Forse c’era già, ma sicuramente il Covid ne ha accelerato i tempi disattivando le relazioni personali per riprendere le quali dobbiamo appunto andare di corsa col rischio di nuovi guai".

Come si argina questa situazione, come si affronta un ritorno del pericolo contagi?

"Dobbiamo andare verso la cura della salute non verso la difesa dalla malattia. Bisogna che governo e istituzioni investano sulla salute dei cittadini, che il sistema sanitario nazionale si riappropri dei bisogni dei ragazzi, delle famiglie e che non disgiunga più la cura del corpo da quella della mente che ha fatto proliferare la paura nelle nostre case".

Trattare, dunque, effetti clinici e psicologici allo stesso modo?

"E nello stesso momento. I danni del Covid ci sono, ma da ora dobbiamo prendere in carico assieme corpo e mente. Solo il 5 per cento degli iscritti all’Ordine degli psicologi lavora nel pubblico e questo ci rende il fanalino di coda in Europa. E invece è determinante curare l’effetto della malattia ma anche ricostruire l’empatia, le esperienze, le emozioni di una relazione".