Lunedì 14 Ottobre 2024
CLAUDIA MARIN
Cronaca

Coronavirus, smart working forzato. La crisi apre al futuro

In tre settimane il telelavoro è almeno quadruplicato, oltre quota due milioni. Una soluzione che potrebbe restare dopo l’emergenza

Coronavirus, smart working

Coronavirus, smart working

Roma, 14 marzo 2020 - Mariano Corso, responsabile dell’Osservatorio del Politecnico di Milano sul "lavoro agile": "Lo smart working non è solo una moda, è un cambiamento che risponde alle esigenze delle persone, delle organizzazioni e della società nel suo complesso, e come tale è un fenomeno inarrestabile". E, dunque, la semplificazione e la conseguente immediata diffusione esponenziale del meccanismo che permette di lavorare da casa o da altro luogo a scelta, indotta in maniera impetuosa dall’emergenza Coronavirus, potrebbero fare da volano e da prova generale per il mantenimento della formula anche nel dopo virus. 

Di sicuro in questa direzione vanno tutti i provvedimenti del governo, compreso il nuovo decreto legge in arrivo, che dedicano un ampio capitolo all’incentivazione del sistema sia nella Pubblica amministrazione sia nelle imprese private. Una prospettiva che, mettendo nel conto anche i lavoratori privati, potrebbe riguardare nel nostro Paese circa 8,3 milioni di addetti, secondo le stime della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro. 

"La semplificazione dello strumento e la necessità di ridurre il più possibile i contatti sociali – spiega Emmanuele Massagli, Presidente di Adapt – stanno comportando una crescita esponenziale del numero di lavoratori agili. L’Osservatorio del Politecnico di Milano aveva comunicato a fine ottobre 2019 una stima di circa 570.000 lavoratori agili attivi nel nostro Paese. Solo durante le ultime tre settimane questo numero è cresciuto di quattro o cinque volte". Siamo, insomma, a oltre 2,5 milioni. E, non a caso, la rivoluzione parte da Milano, "una delle zone più contagiate ma anche il più grande polo dei servizi e del terziario avanzato nel nostro Paese", puntualizza Massagli. 

L’emergenza ha fatto riscoprire una soluzione che potrebbe rivelarsi utile anche in maniera più strutturale: lo ha sottolineato in questi giorni il "padre" del provvedimento, Maurizio Del Conte, primo presidente dell’Anpal, tornato in Bocconi qualche mese fa. E lo sottolinea lo stesso Massagli: "Le imprese, se prima temevano che la collaborazione da remoto fosse meno produttiva, adesso potrebbero invece scoprire che non comporta alcun decremento della produttività, anzi, sovente la innalza perché permette al lavoratore di guadagnare il tempo degli spostamenti spesso a vantaggio della reperibilità lavorativa. I lavoratori prima dubbiosi sullo strumento potrebbero aver scoperto una opzione interessante da richiedere anche in futuro". 

Tutti gli addetti ai lavori sono convinti che, terminata l’emergenza, il numero dei lavoratori agili si attesterà su una cifra ben più alta di quella censita nell’ultimo autunno. Ma non è tutto oro quello che luccica. "Dopo settimane di distanza dai colleghi – mette a fuoco Massagli – e con tutte le difficoltà del lavoro da casa in un momento in cui sono chiuse le scuole e non sono possibili gli spostamenti, è probabile che molti vorranno tornare alla concretezza dei rapporti umani, della pausa caffè, della riunione organizzata al volo, relegando (erroneamente) il lavoro agile in una parentesi drammatica della propria esperienza".