Mercoledì 24 Aprile 2024

Cinque ore da Bologna a Firenze "La mia notte di inferno sulla A1"

Il racconto del nostro giornalista intrappolato nella Variante: ormai valicare l’Appennino è un’impresa

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di Andrea Settefonti

L’inferno dell’A1 nel profondo buio, tra Bologna e Firenze. Ottanta chilometri da incubo in una notte afosa di piena estate. Riparto dall’aeroporto Marconi di Bologna poco prima di mezzanotte. Mio figlio non fa in tempo a mettersi in macchina che già dorme. Penso che in un’oretta sarò a casa. Mi lascio alle spalle le luci di una "Bologna la grassa e l’umana già un poco Romagna e in odor di Toscana" quando imbocco l’A1 in direzione Firenze. Tutto tranquillo, niente lascia presagire la bolgia che avrei trovato dopo qualche chilometro.

L’auto corre tra camionisti sonnambuli e pochi automobilisti frenetici. Fino a Sasso Marconi la notte è stellata e non fa paura. Poi all’improvviso, un pannello luminoso segnala l’obbligo di prendere la Panoramica perché la Direttissima è chiusa: neppure un senso di marcia aperto, un furgone di Autostrade e transenne ne bloccano l’accesso. Non c’è scelta. Va beh, è l’occasione per tornare su una strada lasciata e mai dimenticata.

Ma nell’incontro non c’è niente di romantico. Primo cantiere, poi deviazione. Quindi altri cantieri e altre deviazioni. Non si riesce a fare più di 70 chilometri orari. A Roncobilaccio sembra l’ingresso ai box di Formula 1 con la speed trap tra muri di jersey e guard-rail. Si scolletta l’Appennino a 50 chilometri orari, dall’altro lato, nella corsia Nord. Mi chiedo dove sia finito il traffico proveniente da Firenze, visto che ci fanno viaggiare in direzione opposta e non ci sono cambi di carreggiata. Una domanda alla quale non riesco a dare una risposta. "C’è poco ormai", mi dico mentre scendo verso la Toscana: Barberino, Calenzano, poi Firenze Impruneta, poi casa. E invece è l’incubo davvero.

Dietro una delle tante curve un altro pannello luminoso: "Chiuso tratto tra Barberino e Calenzano, uscita obbligatoria Barberino". Non riesco a credere a quanto leggo, non voglio crederci. Ma la realtà mi piomba davanti al muso della macchina qualche metro dopo.

Traffico bloccato, tutti in coda quando siamo a 7 chilometri da Barberino e sono le 1.30 di notte. È un muro di camion, inaccessibile, colorato da luci rosse e bianche dei led e dei neon. Ma non bastano a illuminare il buio di quell’inferno sempre più nero metro dopo metro. Tutti fermi, poi ogni tanto si avanza, come la speranza. Sono le 2.30 quando si arriva al casello di Barberino.

Qui il primo segno di vita umana, un poliziotto che spunta dal buio, col cellulare in mano a dare disposizioni: non ha la pettorina, è quasi invisibile, temo per la sua vita. Lentamente metro dopo metro, pago il pedaggio e mi ritrovo sulla provinciale 8. Nessuna indicazione per il percorso alternativo, nessuno a cui chiedere. Certo, non sarà facile sbagliare, si va tutti nella stessa direzione: ma se il primo sbaglia, si sbaglia tutti. Mentre inizio a calcolare i tempi di percorrenza, quanto mi separa dalla birra, la provinciale è una bolgia di motori, gas di scarico, luci abbaglianti. Si procede a rilento, molto, a tratti ci si ferma. Non capisco perché.

Poi tutto diventa chiaro quando due autotreni provano a scambiarsi in curva. Non ci passano, se non al millimetro e c’è da porre massima attenzione. E allora la fila riparte e si riferma. Croci di Calenzano è soffocata dai gas si scarico, la provinciale è un fiume di gomme e odore di gasolio che rimane nel naso. Si riparte, le rotonde prima di Calenzano sono ostacoli per le manovre degli autoarticolati. Allora ci si riferma. E si riparte. Calenzano, nessuno a cui chiedere conforto mentre i cartelli stradali indicano la distanza da Firenze, prima in 15 chilometri e poi 17: anche la segnaletica è in confusione. Finalmente Calenzano tra le luci dei tir che bucano come spilli le pupille stanche da stress, tensione e sonno, e lo smog dei gas di scarico. Non riesco a crederci. Prendo il biglietto ed è libertà. Sono le 4.20.