Venerdì 26 Aprile 2024

Che cosa resterà degli anni ’80 Il regno dei paninari a San Babila

Look ricercato e cibo americano per una generazione immortalata anche da Drive In. A Milano addio al luogo simbolo

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di Simona Ballatore

"Per noi era un simbolo, quell’angolo lì", ricordano oggi i “paninari”, mostrando il punto preciso sulle foto in bianco e nero, tra corso Europa e largo Toscanini. "Bye bye" McDonald’s, che dal 6 dicembre lascia piazza San Babila per il caro affitti, tenendo aperte (anche ai dipendenti) le altre saracinesche su Milano. Ma dietro quell’insegna, che ha cambiato negli anni forme e colori, non c’è solo un fast food, c’è un’epoca.

La storia comincia 400 metri prima: piazzetta Liberty, davanti a un altro locale, “Al panino“, che aveva il gusto della michetta prosciutto cotto, brie e funghi. Nel 1981 nasce il primo Burghy in piazza San Babila e le compagnie – che man mano diventano extra large – traslocano lì. Piazza più ampia, l’America in vetrina, col pane al sesamo pronto a incorniciare il ’cheeseburger’. Altro simbolo, pure più economico della tradizionale michetta. "Ci si ritrovava tutti i pomeriggi dopo la scuola, o al mattino per chi ’bigiava’ - racconta Andrea Marzolla, classe ’67, paninaro milanese doc -, fino alle 18 i gruppi facevano capolino lì, dal lunedì alla domenica e arrivavano anche da fuori Milano".

Non bastano un bomber verde e due Timberland ai piedi a spalancare però le porte del gruppo. "Entri se sei presentato da un amico: la clausola di ogni compagnia", ricorda Andrea. Si portavano in San Babila i compagni di scuola che si sentivano più “affini“, dal Cattaneo di piazza Vetra al Galileo Galileo, istituti "paninarissimi", passando dal classico Manzoni, a quei tempi spaccato politicamente a metà.

Perché non erano apolitici i primissimi paninari, son diventati "spensierati" poi, a metà degli anni Ottanta su per giù. Erano i fratelli minori dei “Sanbabilini“, che guardavano a destra e alla curva nerazzurra di San Siro. Marzolla ha cominciato a frequentare il gruppo nell’82, a 15 anni, tramite un compagno di classe che frequentava lo stadio: "Vieni in centro, ti porto nella mia compagnia". Un lasciapassare. La svolta segnata nel look, dal classico "sportivo ma elegante" al marchio di fabbrica: jeans della Stone Island a palloncino, magliette Best Company sotto le camice rigorosamente a quadri. Il primo bomber verde con interni arancioni è virato verso il Moncler verde smeraldo o azzurro puffo. C’erano le ragazze in piazza, le “sfitinzie” e le “preppy“ (le fidanzate, ndr): non andava ancora di moda “friendzonare“.

"Non eravamo dipendenti da cellulari, ci davamo appuntamento lì, senza bisogno di mandare la posizione", ripercorre Marzolla i tempi che furono. A consacrare il mito ’paninaresco’ fu il comico Enzo Braschi, col “Drive In“. E non la presero per nulla bene i paninari doc, lo consideravano uno sfottò da chi paninaro non lo era stato affatto, per ragioni anagrafiche e perché non invitato. Quel linguaggio? "Roba da giornaletti – dicono ancora -. Anche se, col senno di poi, Braschi con quel personaggio ci ha fatto conoscere sì e ha fatto pubblicità a Milano, anche fuori dall’Italia".

Rendendo immortale quel decennio, che custodiscono nell’armadio e portano addosso. "Il mondo Paninaro appartiene a chi oggi si trova ad aver superato il mezzo secolo di età - ricorda da Torino anche Bircide, al secolo Ramon Verdoia, che a quel mondo e al suo ritorno ha dedicato film –. Credo di aver avuto un lusso che oggi i ragazzi non hanno, non mi riferisco semplicemente alla giovinezza, troppo facile legare l’euforia di questo movimento alla tenera età, bensì a un senso di appartenenza. Piazza San Babila inevitabilmente è il luogo di culto di Milano, ma ogni città, ogni luogo, ha la sua storia, un suo ’Burgertime’". Ha le sue amicizie e i suoi raduni, oltre la nostalgia. "E continueremo a radunarci - ribadisce Marzolla -. Un simbolo se ne va, la nostra piazza resta".