Venerdì 26 Aprile 2024

Cara Uefa, l’ordine pubblico non è un gioco

Matteo

Massi

Tutti lo sapevano – e anche con largo anticipo – quello che sarebbe accaduto a Napoli con l’arrivo degli ultrà dell’Eintracht Francoforte. Si chiamano Frankfurter Ultras sono attivi da 25 anni e vengono considerati, a livello europeo (e non solo), una delle frange più violente del tifo calcistico (o sedicente tale): nel 2018, precedente italiano, in occasione della partita contro la Lazio, assaltarono Roma. Tengono in scacco – e in questo la Germania non è molto dissimile dall’Italia – l’Eintracht. Quando il prefetto di Napoli ha deciso di vietare la trasferta ai tifosi tedeschi, subito barricate. Anche da parte dell’Uefa. E l’Italia ha assistito, inerte, al tipico cortocircuito amministrativo- giudiziario. L’ordinanza del prefetto con il divieto di trasferta e di vendita dei biglietti ai tifosi dell’Eintracht era stata appena firmata e il Tar della Campania accoglieva il ricorso del club tedesco contro la stessa ordinanza. Così il prefetto era costretto a riscriverla e circoscriverla: stop alla vendita dei biglietti solo per i residenti a Francoforte. Un’evidente foglia di fico. Infatti da martedì i tifosi tedeschi erano a Napoli (arrivati comodamente in aereo a Capodichino o in treno), gli ospedali erano stati allertati per prepararsi al peggio nei pronto soccorso perché ci sarebbero stati scontri cui avrebbero partecipato anche le tifoserie gemellate. L’invasione barbarica annunciata stava per materializzarsi. E così è stato.

Ora, tardivamente, ci si chiede su che cosa si sarebbe potuto fare per evitare che il centro storico di Napoli fosse messo a ferro e fuoco. In questo caso, più di altri però, questa domanda rischia di suonare beffarda. Seguiranno interrogazioni, la richiesta al ministro dell’Interno di riferire in aula e qualche atto di dolore. Ma c’è un’unica domanda che resta attuale: è stato fatto davvero tutto per evitare ciò che poteva essere evitato? Chiaramente la domanda non può essere circoscritta solo alla politica, ma anche a chi governa il calcio (l’Uefa) che non ha quasi mai sensi di colpa in questi casi.