
Il Monte Bianco sabato, con lo zero termico a 5mila metri. Foto Daniele Cat Berro della Smi (Società meteorologica italiana) e membro del Comitato glaciologico italiano
Tre anni fa, era domenica 3 luglio 2022, un distacco sulla Marmolada provocò una strage con 11 morti. Siamo nella bolla del caldo infernale, zero termico sopra i 5mila metri sulle Alpi. Qual è oggi lo stato di salute dei ghiacciai italiani?
“Siamo solo all’inizio della stagione di fusione, il bilancio si potrà fare a settembre. Ma i segnali, a grande scala europea, sono di un’estate molto calda, anche nella seconda metà di luglio e in agosto. Proiezioni da prendere naturalmente con tutti i condizionali del caso”. Parte da questa premessa Daniele Cat Berro, esperto del Comitato glaciologico italiano e della Società meteorologica italiana presieduta da Luca Mercalli.

Giugno da record.
“Tra i più caldi mai osservati, rivaleggia con il 2003, stiamo raccogliendo i dati, nei prossimi giorni avremo un quadro più completo. Quest’ondata così precoce ha accelerato moltissimo la fusione e ha sorpreso i ghiacciai mentre erano ancora in gran parte protetti dal manto nevoso”.
Una riserva benefica.
“Sì, ma è immaginabile che nelle prossime settimane la neve andrà via rapidamente. Il resto lo deciderà l’andamento della stagione estiva. Intanto la prossima settimana è prevista un’attenuazione del caldo in montagna, poi vedremo”.
Il distacco sulla Marmolada era imprevedibile, come ha dimostrato anche l’archiviazione dell’inchiesta. Oggi qual è la mappa del rischio in Italia?
“Naturalmente il riscaldamento globale, la deglaciazione, la riduzione del permafrost, cioè del terreno gelato in profondità, destabilizzano le masse rocciose e l’alta montagna. Quindi aumenta la propensione a crolli di roccia, dissesti, distacchi di porzioni di ghiacciai. Ma è difficilissimo dire dove ci potrebbe essere un altro caso Marmolada. Perché anche allora non ci sono stati segnali premonitori. Quindi, potenzialmente, sono tantissimi i siti in cui potrebbe capitare. Il telerilevamento sicuramente aiuta a capire”.
A questo link le info di Smi-Nimbus
E quali sono i ghiacciai più sorvegliati?
“Grazie ai satelliti, abbiamo un monitoraggio a tappeto delle Alpi, magari non con i dettagli che servirebbero nel singolo caso di studio. Ci sono poi osservati speciali. Come il Planpincieux, a Courmayeur, sul Monte Bianco. In questo momento c’è anche un’allerta per un lago glaciale in Francia, che potrebbe svuotarsi generando problemi”.
Cosa dobbiamo aspettarci?
“I fenomeni che si possono innescare con la rapida deglaciazione sulle Alpi sono tanti. Si va dal crollo di porzioni di ghiacciaio fino a episodi come quello accaduto un mese fa a Blatten, in Svizzera (un paese cancellato da una frana, ndr). Fino allo svuotamento di laghi glaciali, che si moltiplicano proprio per effetto della fusione accelerata. Fa più caldo, fondono più neve e ghiaccio, quest’acqua si raccoglie sopra o ai margini dei ghiacciai in laghi che possono svuotarsi improvvisamente”.

Quindi gli alpinisti devono cambiare abitudini?
“Intanto si devono aggiornare. Quello che era scritto nelle guide e nelle relazioni di salita anche solo di 20 o 30 anni fa è completamente cambiato. Bisogna sempre informarsi bene, essere consapevoli che sono cresciuti soprattutto i rischi di crolli di roccia e di ghiaccio sulle vie d’alta montagna. Perché dobbiamo anche fare i conti con lo scongelamento del permafrost”.
Situazione irreversibile?
“Dipende da noi. Se continuiamo a tergiversare e la nostra preoccupazione principale è riarmarci anziché spendere soldi per transizione energetica e ambientale globale...”.
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