Mercoledì 24 Aprile 2024

Bonaccini, allarme conti "Il Pd non ha più un euro" E il peggio deve arrivare

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di Ettore Maria Colombo

"E’ da un po’ che non mi occupavo del partito in senso stretto, ma mi dicono che non c’è più un euro in cassa e questo è un problema serio". L’allarme (è proprio il caso di definirlo ‘rosso’) lanciato da Stefano Bonaccini, possibile nuovo segretario del Pd, è forte. Il Pd, cioè, non è solo in calo di iscritti (siamo a 150 mila, che forse diventeranno 200 mila, contro i 320 mila del 2021, quindi almeno -150 mila), ma anche in crisi di liquidità. In realtà, la situazione dei conti del Pd è un chiaroscuro. Più preoccupante per il futuro che per il presente. A partire da marzo 2021 il tesoriere del Pd è Valter Verini, storico fondatore del Pd e veltroniano doc. Dati ufficiali non ce ne sono, tranne quelli relativi al bilancio di esercizio 2021 che era stato chiuso in attivo, sempre grazie a Verini, con un avanzo di cassa di ben 606.810 euro.

All’epoca i proventi erano pari a 9.559.332 euro, di cui 6.907.837 del 2xmille, i 2.274.507 contributi dei parlamentari, i 61.335 euro dei contributi di persone fisiche contro i 9.120.416 di costi di gestione. Nel 2022 i contributi del 2xmille sono saliti di ben 500 mila euro, arrivando alla cifra di 7.346.785 euro (il doppio di FdI, la cifra più alta tra tutti i partiti) e i contributi dei parlamentari sono saliti a 4 milioni. Le entrate, dunque, sono salite a ben 11 milioni. Ma le uscite sono schizzate molto in alto, ben oltre gli 11 milioni previsti, e il disavanzo è, dunque, di un milione e mezzo, all’incirca. Il motivo è presto detto: una campagna elettorale anticipata che, per quanto morigerata, è costata molto (4 milioni di euro) e che è finita messa a bilancio nel 2022 e non, come si pensava, nel 2023.

E i problemi veri si addensano proprio sul bilancio del 2023, da qui la preoccupazione di Bonaccini. Il Pd, alle elezioni, non ha perso per strada solo voti ma anche molti parlamentari: produrranno un mancato introito di circa mezzo milione di euro. Inoltre, a settembre 2023, finirà la cassa integrazione ordinaria e la Cig Covid per i dipendenti. Sono molti meno rispetto ad anni fa (erano, all’inizio, nel 2008, 180), cioè 120 (in realtà 95, ma 25 sono rientrati dai ‘distacchi’ presso i ministeri), ma graveranno in toto sulle casse del partito. Quindi, il disavanzo crescerà. Restano fisse, invece, le spese di gestione (l’affitto astronomico del Nazareno, 700 mila euro l’anno, le bollette, altre spese strutturali), oltre alle normali spese per l’attività politica. Peggio si sentono le 20 federazioni regionali del Pd: vivono del tesseramento (l’80% dei proventi delle tessere va a loro) e del contributo degli eletti regionali e locali. Ormai sono senza personale, o quasi, spesso senza sede (a Roma, Perugia, etc.). Non a caso, tutti i candidati alla segreteria dem propongono il ritorno del finanziamento pubblico alla politica e una proposta di legge in tal senso è stata presentata dai senatori De Giorgis e Verini in cambio di una piena attuazione dell’art. 49 della Costituzione (partiti trasparenti, contendibili e con statuti democratici, controllati rigidamente).