Venerdì 26 Aprile 2024

Bollette e guerra, la crisi fa paura Ma la voglia di vacanze è più forte

In arrivo una stretta dei consumi. Nel frattempo gli italiani scelgono la vita: è boom di prenotazioni per Pasqua

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di Raffaele Marmo

"Siamo agli inizi, per ora la guerra è per noi un fatto televisivo e mediatico e non ha prodotto i suoi effetti. Quando questo accadrà (e vedremo in che termini), le conseguenze, su occupazione e consumi, si vedranno, eccome". Giulio Sapelli, da storico di valore dell’economia, è uso a valutare quello che accade con gli occhi della prospettiva di medio termine più che con quelli dell’immediatezza degli eventi. E così non deve sorprendere più di tanto la "sfasatura" che registriamo tra la caduta della produzione industriale delle imprese a marzo che scende dell’1,5 per cento, con impatto a cascata sulla (non) crescita dell’economia nel primo trimestre, e la spesa per consumi delle famiglie (+5,1 per cento a febbraio, secondo l’Indicatore di Confcommercio) o la ripresa significativa delle prenotazioni alberghiere per Pasqua.

Certamente è un dato non trascurabile che, dopo due anni da incubo, tornino le vacanze pasquali, anche se non si registrano i numeri del 2019: saranno circa 14 milioni, secondo un’indagine di Federalberghi, gli italiani che si metteranno in viaggio. E, non a caso, il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, avvisa: "A giudicare dalla massa critica di persone viene spontaneo pensare che sia la manifestazione chiara di una maggiore sicurezza e senso di libertà da parte dei nostri connazionali". Un ottimismo che, però, cede a una previsione non favorevole per il dopo: "Il conflitto tra Russia e Ucraina è una nube all’orizzonte".

E, del resto, non ci vuole molto per ipotizzare che la nuova bufera derivante dal conflitto, che ha già investito le imprese, si trasferirà più o meno rapidamente anche sulle famiglie. E se queste ultime non hanno mollato subito la mano dai consumi, nonostante la prima ondata del caro-prezzi e del caro-energia, è solo perché, come osserva Sapelli, i rentier e i redditi alti ne risentono poco o niente e non rinunciano al loro tenore di vita e gli altri meno abbienti possono contare su "quell’economia della spesa low cost" che, dal B&B ai voli scontati, dalle offerte sotto-costo all’e-commerce, rappresenta un formidabile antidoto ai rincari delle statistiche ufficiali.

Ciò non toglie che l’indice Istat di marzo sulla fiducia dei consumatori, che misura la temperatura delle persone rispetto alle proprie aspettative, non lasci scampo. Si riscontra una decisa diminuzione della fiducia dei consumatori che passa da 112,4 a 100,8 (meno 11,6 punti; ai minimi da gennaio 2021).

Numeri che richiamano sinistramente quelli del marzo 2020, a inizio pandemia, quando vi fu una diminuzione dell’indice da 110,9 a 101,0: e abbiamo visto che cosa è venuto dopo. Tanto più che, altra coincidenza che fa riflettere, anche oggi, come segnalano gli analisti dell’Istat, "in deciso peggioramento risultano i giudizi sull’opportunità all’acquisto di beni durevoli". Che è come dire che gli italiani possono anche spendere e consumare per i viaggi di Pasqua e il ristorante, ma quando si tratta di acquistare il frigorifero o l’auto ci pensano due volte e alla fine rinviano la spesa già da ora.

I radar delle imprese, del resto, hanno già intercettato il nuovo tsunami in arrivo, che mette a rischio la tenuta delle stesse attività imprenditoriali, come avvisano gli economisti del Centro studi di Confindustria. I dati dell’ultima indagine segnalano una caduta della produzione industriale del 2,9% nei primi tre mesi del 2022 rispetto al quarto trimestre del 2021, una frenata che "inciderà negativamente sulla dinamica del Pil", le cui stime indicano una crescita più che dimezzata nell’intero anno (dal precedente +4,1% al +1,9%). E che appare destinata a risentire sempre di più del rally dei prezzi delle commodity, a partire dal gas naturale e dal petrolio, che ormai mettono a segno rincari a tre e quattro cifre (+1.217% per il gas in media nel periodo del conflitto sul pre-Covid). E non siamo arrivati all’embargo, che produrrebbe almeno una duplicazione dei costi.

Senza contare che, nonostante la cavalcata del 2021 con il 6,6 per cento in più di Pil, siamo comunque con oltre 21 miliardi di Pil da recuperare rispetto al 2019, prima dell’inizio della pandemia: raggiungendo 1.775 miliardi contro i 1.796 miliardi di due anni prima. Un risultato che ci vede, in Europa, insieme solo con Portogallo, Italia, Grecia e Spagna: e non è il massimo.