Martedì 30 Aprile 2024

Bannon si consegna all’Fbi "Combatto il regime di Biden"

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di Giampaolo Pioli

Si è presentato sorridente, di prima mattina, negli uffici dell’Fbi a Washington per farsi arrestare Steve Bannon, 67 anni, il controverso stratega di Donald Trump che aveva cercato di sedurre anche la destra italiana populista con i suoi seminari in un convento vicino a Roma. Essendosi rifiutato di testimoniare di fronte al Congresso che indaga sull’assalto del 6 gennaio scorso, Bannon deve adesso affrontare un altro procedimento giudiziario per "oltraggio al Congresso". Se condannato rischia fino a due anni di carcere.

La linea di difesa di Bannon è apparsa chiara: "Abbatteremo e combatterò sempre il regime di Joe Biden". Bannon punta a fare il martire della destra e il perseguitato politico, rifiutandosi anche di consegnare decine di documenti e numeri di telefono che gli inquirenti avevano richiesto sostenendo che "sono coperti dal privilegio esecutivo del presidente". Ma Bannon non sarà il solo a finire in manette (anche se fino al processo resterà in libertà vigilata). Se infatti lui intende giocare fino in fondo la carta del perseguitato politico per consolidare la compattezza dei fan, altri 10 alti funzionari e consiglieri dell’amministrazione Trump hanno ignorato il mandato di comparizione del Congresso e adesso potrebbero subire la stessa fine.

Secondo molti l’incriminazione dovrebbe servire come deterrente per tutti gli ex collaboratori di Trump che si rifiutano di testimoniare. "Nessuno è al di sopra della legge – dice Liz Cheney che fa parte della commissione nominata da Nancy Pelosi –. L’incriminazione di Bannon dovrebbe mandare un messaggio chiaro a chiunque pensi di poter ignorare il Congresso, o tentare di ostacolare la nostra indagine".

Fino ad ora la commissione inquirente ha già interrogato 150 persone. Gli avvocati dell’ex presidente la settimana scorsa sono riusciti a ottenere una temporanea vittoria legale che allunga i tempi e potrebbe portare la questione dei documenti fino alla Corte Suprema.

Tra i democratici però c’è chi ha fretta di chiudere l’indagine per evitare che l’assalto al Congresso del 6 gennaio piombi sulle prossime elezioni di mid-term del 2022 dove i repubblicani, anche per la nuova ridistribuzione dei distretti, potrebbero ottenere un vantaggio di diversi seggi e quindi strappare la maggioranza alla Camera. Se questo avvenisse, l’inchiesta aperta sarebbe subito archiviata e Trump potrebbe proiettarsi verso una ricandidatura nel 2024.