Mercoledì 24 Aprile 2024

Anche Maso aveva il reddito di cittadinanza

Nel 1991 a Verona uccise a sprangate i genitori per ottenere l’eredità. Il suo avvocato: ha ricevuto il sussidio, ma non era in malafede.

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Pietro Maso, che nel 1991 a Montecchia di Crosara (Verona) uccise i genitori a colpi di spranga nel tentativo di impadronirsi dell’eredità, ha ricevuto il reddito di cittadinanza, il sussidio riservato dallo Stato a chi guadagna meno di 9.360 euro l’anno. Lo sostiene un articolo del settimanale Oggi, in edicola stamattina, secondo il quale la lista in cui compare Maso risale alla fine del 2019. Oggi, dopo le verifiche del caso, il sussidio potrebbe essere stato sospeso, ma fino a qualche mese fa Pietro Maso percepiva un assegno che può arrivare fino a 780 euro al mese. Secondo la legge, gli unici condannati che non possono godere di "pensioni, assegni e stipendi a carico dello Stato" sono quelli che hanno precedenti penali per reati legati alla criminalità organizzata, al terrorismo o per truffa ai danni dello Stato, e Maso non rientra in nessuna di queste categorie.

A causa della gravità del reato è però interdetto dai pubblici uffici "in perpetuo", come conferma il suo avvocato Marco De Giorgio, che ha seguito la parte dell’esecuzione della pena e quindi non direttamente la vicenda del reddito di cittadinanza. Anche il legale ritiene che il sussidio, se concesso in passato, potrebbe essergli stato sospeso per la gravità della sua vicenda giudiziaria. De Giorgio si limita a sottolineare che, perché sia perseguito penalmente, si dovrebbe dimostrare la malafede del suo assistito che, invece, potrebbe non essere stato a conoscenza delle limitazioni alla concessione del reddito di cittadinanza e che solo dopo, con controlli a campione, potrebbe aver saputo che non gli spettava. Maso – riferisce il settimanale – non parla. E se il suo ex consigliere spirituale don Guido Todeschini commenta dicendo che "sta cercando di ricominciare", l’ex moglie aggiunge che "dopo tanti momenti difficili oggi sta bene, è un uomo umile che sta cercando di vivere tranquillo. E sì, sta lavorando".

Non è la prima volta che Pietro Maso cerca di ricominciare dopo l’efferato delitto che sconvolse l’Italia. Per quel fatto di sangue era stato condannato a 30 anni di carcere ed era tornato libero nel 2015. Ai suoi due complici erano stati inflitti 26 anni. Nel 2016 fu ricoverato in una clinica psichiatrica di Verona. Nei mesi precedenti i rapporti con le due sorelle erano diventati molto tesi, tanto che le due donne erano state costrette a rivolgersi alle forze dell’ordine dopo aver ricevuto, secondo l’accusa, alcune minacce di morte dal fratello.

L’anno scorso aveva fatto scalpore la sua apprizione sul canale Nove. "Don Johnson di Miami Vice – ha raccontato in un’intervista tornando a quel tragico 1991 – era il mio guru: così bello, così giovane e così pieno di vita. Il telefilm proponeva una visione aperta e mai vista della realtà, il fascino di una Ferrari bianca. Nella mia testa ero uguale a lui. Volvevo stupire e per avere gli occhi addosso mi mettevo le cose più vistose. La punta è stata quando mi sono presentato in discoteca con la tuta da sub".

Maso ha anche rivelato di aver ricevuto una telefonata da papa Francesco a cui aveva scritto per chiedere perdono a Dio: "Non ci potevo credere. Mi ha anche chiesto di pregare per lui. Lui, il Papa, che chiedeva a me di pregare per lui. Io, che sono l’ultimo, il maledetto, l’assassino, il mostro".

red. int.