Giovedì 25 Aprile 2024

"Aggredivo per farmi notare Adesso aiuto le vittime"

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Dalla galera alla laurea in Scienze dell’educazione. Daniel Zaccaro, 29 anni di Quarto Oggiaro, è il protagonista di una vita da film che potrebbe intitolarsi ’Il ragazzo che visse due volte’.

Tre anni e 6 mesi in carcere, tra rapine e pestaggi, poi educatore in comunità. Ha paura di ricascare nel demone della criminalità?

"Assolutamente no, rigetto quella vita".

Perché aggrediva le sue vittime?

"Quando la delinquenza e il crimine ti affascinano, la prevaricazione è il mezzo per emergere. Non sentivo l’altro, lo trattavo come volevo, esistevo solo io. Non era divertente, ma volevo avere il controllo e il potere, sempre per qualche interesse".

Non ha mai provato vergogna nel rapinare ragazzi indifesi?

"Per il mio codice, non ho mai aggredito vittime deboli. Sfruttavo le debolezze degli altri. Il libro in cui racconto la mia esperienza ’Io ero bullo’ ha un titolo provocatorio. I bulli vogliono farsi notare, devono divertire la classe".

Qual è stata la molla che le ha fatto cambiare strada?

"La paura di restare da solo. Dopo il carcere e dopo la sofferenza, ho capito che non stavo andando da nessuna parte. Avevo solo relazioni finte. poi l’amore per me stesso e gli incontri decisivi di chi ha avuto uno sguardo amorevole con me. Tutti i bulli vogliono essere amati, ma sbagliano il modo".

Ha mai chiesto scusa alle sue vittime?

"No, ma ora mi piacerebbe farlo".

Quando vede film o serie tv sulla mafia o sui narcotrafficanti, le torna il desiderio di quella vita?

"No, perché quando hai conosciuto il bello non torni più indietro. I bulli e i delinquenti non hanno un paragone positivo, in casa sopratutto, dove parte tutto il meccanismo. Io vengo da una famiglia di genitori divorziati".

Cosa diceva ai criminali che seguiva da educatore della comunità Kayros?

"Non ci sono formule magiche. Molti genitori mi chiedono ’come posso salvare mio figlio?’. io non lo so, bisogna viversi la relazione e stare vicino all’altro, ascoltandolo. Sono più loro, i ragazzi problematici, che dicono a noi".

Si è mai scontrato con qualche bullo per difendere i più deboli?

"Tante volte, ma ho avuto la fortuna di sentire i sentimenti di entrambi. Mi collocavo in mezzo: non stavo da nessuna delle due parti. Il bullo non va umiliato, se no è la fine. Lui gioca tutto sull’immagine: va compreso".

Lei è stato anche fortunato: non succede tutti i giorni che una pm vada alla laurea dell’indagato.

"Non esiste la fortuna, ma il talento che incontra l’opportunità".

Alessandro Belardetti