Giovedì 25 Aprile 2024

Addio a Enzo Carra. La sua foto in manette fu uno choc. E Mani Pulite perse l’innocenza

Nel 1993 il politico dc fu ripreso con gli schiavettoni. Da lì iniziò a cambiare il racconto dell’inchiesta

Enzo Carra in manette

Enzo Carra in manette

Roma, 3 febbraio 2023 -  Fu in quel quattro marzo 1993 che iniziò a finire per noi l’età dell’innocenza, e insieme alla speranza cominciammo a perdere l’illusione che sarebbe bastato un giustiziere a fare giustizia. I giustizieri sempre giovani, belli, senza macchia e senza peccato. E fu quella foto di Enzo Carra condotto da due carabinieri verso un’aula del tribunale di Milano, la mani strette in mezzo agli "schiavettoni" riservati ai mafiosi, a rompere l’incantesimo che da oltre un anno aveva legato il pool Mani pulite alla voglia di palingenesi che sempre prende gli italiani dopo un po’ che vedono in giro le stesse facce, e affidano la ramazza al demiurgo di turno. Quella volta toccò ai pm di Milano, dopo con alterne e diverse fortune sarebbe stata la volta di Mariotto Segni, i leghisti in canottiera, i girotondini e alla fine i grillini. Un’immagine iconica, che Enzo Carra si è sempre portata dietro, fino a ieri, quando è morto a 79 anni dopo la completa riabilitazione giudiziaria avvenuta nel 2004, quando tutto era già sepolto nell’armadio dell’oblio. Gli altri dimenticano ma per chi le ha subite, le ferite restano. Il risarcimento della memoria è sempre una cambiale scaduta.

Quella foto, dicevamo, segnò l’avvio di un ripensamento, perché fu la prima volta che qualcuno trovò la forza di sollevare dubbi circa i metodi - sui fini no, ancora era troppo presto - della procura milanese. Il mondo politico, colto nel vivo (Carra era portavoce ed esponente di primo piano della Dc) si ribellò, e si scorsero le prime crepe nella narrazione di Mani pulite. Alzò la voce Arnaldo Forlani, cui Carra era legato, come pure Achille Ochetto, Anna Finocchiaro, Alfredo Biondi, Marco Boato. Qualcosa era cambiato. Non del tutto, certo, perché l’onda popolare e la presa che i pm di Milano avevano sul sistema dei media era molto forte. Basti pensare che il cappio agitato in parlamento dal leghista Luca Leoni Orsenigo è di dodici giorni successivi al processo a Carra, il 16 marzo, come devono ancora arrivare le monetine del Raphael contro Craxi, il 29 aprile dello stesso anno. Ci vorrà ancora tempo per una maturazione di giudizio, anche perché tra la fine del ’92 e l’inizio del ’93 in molti cominciarono a capire che da quell’inchiesta potevano trarre un vantaggio personale o politico, e presero a soffiare sul fuoco. Il Tg5 fu l’unico telegiornale a dare la immagini di Carra in manette, ed è nel ’93 che Berlusconi decide la discesa in campo; la sinistra sposò allora la causa del giustizialismo e per la prima volta nel ’94 si presenta con Occhetto nella concreta speranza di andare al governo e nel ’96 Prodi nomina Di Pietro ministro; la Lega spicca il volo qualche mese dopo il cappio di Orsenigo. Ma è proprio dalla foto di Enzo Carra, un uomo perbene rimasto schiacciato sotto la furia manettara dei pm, che il Paese prese a capire che i giustizieri sono sempre meno belli e meno puri di quanto sembra all’inizio. E soprattutto non sono mai disinteressati.