Martedì 30 Aprile 2024

Rapina a Lanciano, le belve colpirono in marzo. "Mi hanno mozzato l'indice"

La testimonianza choc di Domenico Iezzi, 73 anni, commerciante di San Vito Chietino, rapinato a marzo. La minaccia: "Ogni mezz'ora ti taglio un dito"

Lanciano, la villa teatro della rapina da Arancia meccanica (Ansa)

Lanciano, la villa teatro della rapina da Arancia meccanica (Ansa)

San Vito Chietino, 25 settembre 2018 - “Il capo mi ha tagliato l’indice della mano destra. Poi l’ha posato sul tavolo da pranzo, a dieci centimetri dal viso. Mi diceva, ogni mezz’ora che non cacci altri soldi ti tagliamo un dito”.

Domenico Iezzi ha 73 anni e ha avuto il coraggio di non mollare, dopo l'orrore vissuto sei mesi fa. La sera del 26 marzo stava chiudendo il suo negozio di alimentari e tabacchi a San Vito Chietino, a pochi chilometri da Lanciano. Sono arrivati in quattro, erano incappucciati. Su questo episodio si è concentrato l’interesse degli investigatori.

Sono le stesse belve che hanno rapinato il dottor Carlo Martelli e la moglie Niva Bazzan? Lui massacrato di botte, lei mutilata a un orecchio. Le analogie reggono. C’è la violenza inaudita delle ferite da macellai e c’è il sadismo beffardo. “Se mette su la cassaforte ci avvisi, noi siamo sempre in zona”, ha detto il  capo-belva andandosene al medico tramortito. “Siamo di Cerignola”, la dichiarazione strampalata fatta al commerciante. Che spiega al telefono: “Non riesco neanche a lavorare, con questa mano mutilata. Prendo una cosa e mi cade”.

Niva Bazzan, la donna a cui i banditi hanno mozzato un orecchio (Ansa)

In che lingua parlavano i suoi aguzzini? “I due che stavano sotto con me in italiano, gli altri non so. Sono saliti sopra, in casa. Hanno spaccato, hanno fatto un disastro. Il capo a un certo punto mi ha detto, siamo di Cerignola”.

Non si è mai visto un bandito che confessi da dove arriva. “Questa cosa qui non esiste, penso”.

Avevano un accento particolare? “Non ricordo proprio. Appena sono entrati, uno mi ha tirato un pugno in faccia, mi ha rotto un dente e il setto nasale. Non riuscivo neanche a parlare dal sangue che usciva. E ogni cinque minuti quello che parlava meno mi dava un pugno o uno schiaffo. Mi hanno portato in cucina e mi hanno legato, con le mani dietro la schiena, su una sedia”.

Poteva morire dissanguato. “Bastava ancora mezz’ora... Non è che potevo tamponare, non potevo muovermi. Appena sono entrati mi sono detto, devo stare calmo, altrimenti questi mi fregano la pelle. Non era la prima volta”.

Era già stato rapinato? “Non una volta, quattro. In un caso si sono presentati in due. Erano incappucciati, mi hanno puntato la pistola alla tempia, hanno fatto quel che hanno voluto. Mai così brutte come l’ultima, però”.

I più feroci.

"Poi è capitata una cosa strana, avevo una collanina d'oro al collo, fine fine, con una medaglia rotonda, di un santo. L'altro me l'ha strappata, il capo gli ha ordinato di rimetterla a posto, l'ha ripresa e l'ha appoggiata sul tavolo. Non l'ho capito ". 

Quanto è durata? “Almeno un’ora e mezzo. Avevano passamontagna, guanti e tute. Tutti uguali, tutti dello stesso colore. E sapevano vita e miracoli, forse avevano un palo in zona. Mi dicevano che non andavo mai in banca, che tenevo i soldi a casa. Ma chi ce li ha i soldi a casa, adesso? Noi piccolini... Questo negozio ha cent’anni. Siamo in mezzo a ulivi e vigneti. La mattina tra il pane, le mozzarelle, il latte fresco, quello che s’incassa la consumiamo. Già è tanto restare in piedi, con le tasse che paghiamo”.

Le sembravano drogati? “Non penso. Erano proprio puntati che chissà cosa credevano. Il capo mi ha detto: se sopra troviamo solo un euro, io ti ammazzo. Ma ero sicuro che non ci stava niente. Allora sono andati via”.

Da quel giorno come convive con questo ricordo? “A volte sono a letto, mi vengono i brividi. Ma cosa devo fare? Devo chiudere e andare via da qua? Non voglio fermarmi”.

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