Martedì 30 Aprile 2024

Nella terra del primo vino

Del vinum raeticum, glorificato
 dai latini, vi è testimonianza 
in reperti risalenti all’epoca etrusca

Teroldego

Teroldego

Il vino cisalpino che si guadagna la maggior fama in epoca romana, tanto da venir annoverato al pari dei più illustri Falerno e Cecubo, fu il “vinum raeticum”. La zona di produzione del Reticum in base alla documentazione archeologica ed epigrafica era identificata nel passato nel “pagus “ degli Arusnates,l’attuale Valpolicella, zona nella quale i vini venivano indirizzati lungo la via Claudio Augusta verso la Germania. Ma alle soglie del 2000 le analisi del DNA squarciano quel velo di mistero che circondava fino ad allora l’origine delle varietà di vite e la loro origine geografica. Un vitigno, il Rèze, apre una nuova prospettiva sulla individuazione del territorio di origine del vino retico ipotizzando che Rèze sia l’unico relitto etimologico della vite retica. Il vitigno Rezè è imparentato con il Cascarolo nero presente in Piemonte, con la Grosse Arvine del Vallese, il Groppello di Revò e la Nosiola del Trentino. Questi rapporti genetici tra varietà così lontane dal punto di vista della loro origine geografica possono essere giustificati dall’avere in comune un’antica presenza retica, popolazione che abitava le Alpi sul versante meridionale e che hanno sviluppato con gli etruschi, transfughi dalla pianura padana dopo la seconda guerra punica, una cultura reto-etrusca che aveva una grande abilità nella lavorazione del ferro. Le conferme di un consumo di vino, precedente alla presenza romana risalgono al IV-VI sec. e sono rese evidenti dal ritrovamento nel 1825 di una situla etrusca, un vaso potorio per uso rituale, con scene di ierogamia connesse all’offerta di bevande ed all’esaltazione del bere, la più antica testimonianza di un consumo di vino (anche di d’importazione) e di produzione di uva nel Trentino.

Un evento importante per il vino trentino fu il Concilio di Trento che tra il 1545 e il 1563 fece della cittadina uno dei luoghi centrali della cristianità e che rivoluzionò la viticoltura locale, che orientata all’autoconsumo, si vide costretta a proporre a quei nobili palati cardinalizi vini di ben altro lignaggio. Il cronista del Concilio, Michelangelo Mariani dà una precisa descrizione della produzione vinicola e della sua importanza nell’economia locale con una affermazione lapidaria “…questo è il paese del vino naturalmente, tanto che corre il detto: ‘grano per tre mesi e vino per tre anni’“ Non può essere dimenticato il Marzemino, coltivato in Vallagarina, con il quale veniva prodotto il cosiddetto “vino di Mozart”, considerato tra i vini più pregiati anche alla corte imperiale di Vienna e sulle tavole dei nobili dell’epoca per essere stato citato nella sua celebre opera Don Giovanni: “Versa il vino, eccellente Marzemino!”. L’arrivo delle malattie cosiddette americane (oidio, peronospora, fillossera) segnò una battuta d’arresto per la viticoltura locale e fondamentale si rivelò l’apporto dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, fondato nel 1869, che oggi prende il nome da Edmund Mach, il suo primo direttore, per l’impulso che dette allo sviluppo della viticoltura nel Trentino,nella ricostruzione post fillosserica e che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento nella ricerca e nell’insegnamento vitivinicolo mondiale.

Il Trentino è una regione quasi totalmente montuosa. a eccezion fatta per i fondovalli della pianura Rotaliana e della Vallagarina attraversate dal fiume Adige e dai suoi affluenti. Dal punto di vista geologico i territori vitati mostrano una grande variabilità che è alla base dei fenomeno orogenetici che hanno portato alla nascita delle Alpi. Le rocce sono prevalentemente sedimentarie e lungo la valle dell’Adige si sono sviluppati grandi conoidi alluvionali proprio in corrispondenza dello sbocco di ogni valle laterale. La Valle di Cembra si caratterizza per la cosiddetta Piattaforma porfirica, risultato di eruzioni vulcaniche sottomarine del Permiano. La provincia è stata soggetta al glacialismo quaternario che ha lasciato segni nella morfologia dei suoli e nei depositi glaciali. Il clima delle zone vitate può essere suddiviso in due grandi aree: la sub-mediterranea, che comprende la zona dell’Alto Garda e della bassa Valle del Sarca, la più mite di tutta la provincia e l’area sub-continentale, con un clima di transizione, tipico dei fondovalle, con inverni rigidi e nevosi-La viticoltura è limitata ai fondovalle e alle parti inferiori dei versanti alpini meglio esposti, anche se ultimamente si sta attuando un recupero di vecchie aree viticole abbandonate, a quote sempre più elevate.

I vitigni a confronto

Teroldego

Il riscontro documentali più “datato” risale al 1383, quando in un atto di compravendita di un terreno sono citate “due brente vin teroldego, fermentato e buono, da un podere recinto in località Marniga di Cognola”, vigneto della collina di Trento.Il Teroldego è fin da allora sempre associato al Campo Rotaliano, come viene chiamato un territorio agricolo – neppure 400 ettari – nato dei sedimenti alluvionali trascinati a valle dall’impeto del torrente Noce, verso l’alveo del fiume Adige.“Teroldego o Tiroldegho, ma anche Tiraldega, Tiroldela e Tiroldigo”, parola che contiene sia il termine germanofono “gold”, oro, ma pure la radice di “Tirol”; vino simbolo dell’identità culturale della zona, per secoli area di confine geopolitico. Il Teroldego presenta un profilo genetico originale. I marcatori molecolari indicano che il Teroldego è un fratello della Dureza (legame di 1° grado), mentre mostrano una relazione di 2° grado con il Syrah. Questo pedigree colloca il Teroldego nel quadro dei discendenti prossimi del Pinot nero. Da parte sua il Teroldego risulta genitore sia del Marzemino sia del Lagrein. Il vino del Teroldego presenta un colore rosso rubino intenso, aromi a nota fruttata, in cui prevalgono il lampone ed i frutti di bosco. Ben rappresentate anche le note speziate, come la liquirizia, che ne arricchiscono il profilo.E’ un vino di buona struttura, mediamente alcolico e leggermente tannico con una buona acidità. Adatto all’invecchiamento anche prolungato.

Marzemino

L’origine del vitigno è da attribuire, come testimoniano le ultime ricerche sul suo DNA, ad un’area culturale più vasta del Veneto, che comprende il Trentino ed il Friuli come dimostrano i legami parentali con il Refosco dal p.r. e con il Teroldego ed il Lagrein. Accompagna Venezia nella sua espansione militare e politica verso il Ducato di Milano ed arriva in Trentino, in Vallagarina nel XV secolo. Il mito del Marzemino dolce permane fino al termine della indipendenza della Repubblica,avvenuta il 17 ottobre del 1797 ed ironia della sorte,ne diviene il simbolo non più di potenza ma di decadenza. Il vitigno predilige climi piuttosto caldi e terreni calcareo-argillosi o basaltici con buona esposizione e riparati, ma non eccessivamente fertili. Presenta una notevole alternanza produttiva tra le annate.

Nosiola

Le origini di questo vitigno vanno ricercate in un vitigno coltivato nel Vallese chiamato Reze,antica varietà coltivata nell’Italia settentrionale ai tempi dei romani con il nome di Raetica di cui è una discendente. Era chiamata in passato Groppello bianco La prima citazione di uva Nosiola o Nosiola Gentile risale al 1825 ed è stata fatta da Giuseppe Acerbi, che la inserisce tra i vitigni coltivati nei dintorni di Trento. Il nome deriva dal colore dei tralci e dal sapore del vino che richiama quello della nocciola. La produzione è abbondante, ma irregolare ed essendo una vite con germogliamento precoce, è soggetta a danni da brinate primaverili. L’uva si presta all’appassimento in fruttaio. A nord del lago di Garda, l’uva è sottoposta ad appassimento sulle arele (graticci di canna),favorito anche dall’azione dell’Ora, vento che spira da sud per produrre il Vinsanto.