Lunedì 29 Aprile 2024

Rosso sbiadito

Roma, 27 giugno 2017 - Se Lecce e Taranto fossero in Emilia-Romagna, al Pd non sarebbe neppure andata male. Peccato siano in Puglia, nel regno del ribelle Emiliano. E allora, parlare ancora dopo questi ballottaggi di regioni rosse diventa impresa spericolata. In Liguria di rosso resta oramai solo il magnifico tramonto a Portovenere. In Toscana, oltre a decine di medio piccole località, 5 capoluoghi di provincia su 10 sono fuori dal controllo della sinistra. In Emilia sono già due, più tanti storici castelli crollati come a Vignola. In Umbria, Perugia ha un sindaco di Forza Italia. Nelle Marche due ballottaggi su due sono stati persi dal Pd. Per non parlare della Lombardia che rossa non è, ma in cui anche la rossissima Sesto San Giovanni si è consegnata al…nemico. Intendiamoci. Si parla di una fascia del nostro Paese in cui la cultura politica e la ragnatela economica nate dal Pci hanno ancora una solidità invidiabile. Ma le urne ci consegnano almeno due serie considerazioni. Primo. L’affluenza ai minimi storici conferma che non è più solo l’elettorato moderato ad avere scarsa capacità di mobilitazione. Pure la sinistra paga abbondantemente disaffezione, liti e divisioni. Persino nella regione che esprime il segretario nazionale del Pd. Il che significa che qualcosa non va nelle idee e nella classe dirigente. Secondo. Anche l’ex zona rossa può diventare politicamente normale, cioè capace di produrre un’alternanza. Roba che assomiglia molto alla democrazia compiuta. È già successo in Liguria. Non è da escludere in Toscana, come in Emilia-Romagna e nelle Marche. Tutto è contendibile, nulla è scontato. Diciamolo piano: forse è venuto il momento (per tutti) di ricominciare a fare politica.