Lunedì 29 Aprile 2024

Coalizioni immaginarie

I QUOTIDIANI di ieri erano sconsolanti: da una parte, soprattutto a sinistra, affermazioni su coalizioni per le politiche a partire dalle amministrative; dall’altra, separatamente, resoconti sul primo dei quattro passaggi di un provvedimento chiave, il trattato Ceta col Canada, citato solennemente dal Presidente Mattarella nel corso della visita in quel Paese. Il voto in Commissione ha già dimostrato che su questa scelta a cavallo tra politica europea e politica estera le coalizioni che governano gran parte dei Comuni non sono esportabili: la Lega si è divisa da Forza Italia come era accaduto al Parlamento europeo; non a caso FI ha richiamato il suo ancoraggio al Ppe.

Così pure, in modo identico a Strasburgo, Sinistra italiana si è divisa dal Pd (il Pse aveva votato sì, tranne i francesi, prima di essere travolti da Macron), mentre i fuoriusciti Mdp sono scomparsi, forse perché si erano divisi al Parlamento europeo, ma in Aula dovranno pur ricomparire. E Pisapia come voterebbe? Ce lo dirà sabato? Ci siamo forse scordati che il Prodi 1 cadde perché la sua maggioranza non reggeva all’impegno Nato sul bombardamento della Serbia? Che il Prodi 2 ebbe una crisi sulla politica estera? Che l’ultimo esecutivo Berlusconi cadde per il dito medio di Bossi contro la riforma delle pensioni chiesta dalla lettera della Bce? Che nella cosiddetta Prima Repubblica il Psi non si alleava nazionalmente al Pci? La retorica delle coalizioni immaginarie sul piano nazionale si scontra con una realtà irriducibile, quella della linea di frattura tra apertura e chiusura che si sovrappone a quella tra destra e sinistra. Renzi ha tanti limiti, ma almeno questo lo ha capito e anche su questo ha vinto le primarie; i suoi critici per ora no.