Lunedì 20 Maggio 2024

Ridateci la politica

GABRIELE CANE'

SONO quelle sentenze, e soprattutto quei processi, che a parlarne male, ti guardano malissimo. Quelli del politicamente corretto, ovviamente. I moralisti per conto terzi. E in genere contro Berlusconi. Il quale della morale ha fatto un uso a volte disinvolto, ma complessivamente privato. Eppure, i fatti suoi sono diventati fatti nostri, fatti politici nazionali e internazionali, e ovviamente processi. Al Cavaliere, certo, seduto nella sala del trono mentre le orge impazzavano attorno a lui. E a suoi manutengoli,

i procacciatori di donne. I Lele Mora, gli Emilio Fede, e l’inevitabile Nicole Minetti. Sembra archeologia della cronaca, eppure queste vicende

di pochissimi anni fa hanno fatto vacillare governi, incrinare l’immagine del Paese, impegnato migliaia di ore di dibattiti parlamentari e televisivi. Oltre a spese faraoniche in intercettazioni, indagini, dibattimenti. Il tutto per stabilire che ad Arcore, non in piazza Montecitorio, si faceva baldoria. Che alcune ragazze erano indotte, probabilmente senza sforzi eccessivi, a prostituirsi.

POI, c’era lei, Ruby, il vero oggetto delle attenzioni giudiziarie e mediatiche. Aveva 17 anni, 11 mesi e 28 giorni, o ne aveva già 18 e quattro ore? Differenza non da poco per la legge, inutile dirlo, anche se al primo colpo d’occhio,

e forse anche al secondo,

la signorina non aveva esattamente l’aria della minorenne. Però, attorno a questo dubbio, il Paese si è diviso,

il Palazzo ha tremato, e la Procura di Milano ha scritto una delle sue tante, inutili e costose pagine.

La ‘benevola’ sentenza d’appello, che comunque commina pene da rapina a mano armata, rende tutti più sereni: anche Emilio Fede poteva non sapere che Ruby era minorenne. Insomma, le si poteva chiedere di tutto, meno la carta di identità. Detto questo, bisogna anche sperare che sia finita questa stagione politico giudiziaria da buco della serratura. Che i politici devono essere giudicati a porte aperte per quello che fanno nei loro atti pubblici. Che a infilare microspie nelle camere da letto si può scoprire di tutto, qualunque sia il colore dell’alcova. Ma che questo non può e non deve mai diventare, com’è stato, strumento di lotta politica. Il che non significa che i reati non vadano perseguiti sempre e ovunque. Figuriamoci. Vuol dire semplicemente che i fatti privati possono e debbono restare tali. E che a contare devono essere, se ci sono, le pubbliche virtù.