Mercoledì 8 Maggio 2024

Buffoni, villani e giocatori alla corte dei Medici in mostra a Firenze

A Palazzo Pitti trenta opere, soggetti del Seicento e del Settecento: volti e corpi bizzarri, grotteschi, ricorrenti nelle collezioni medicee. Da Anton Domenico Gabbiani a Justus Sustermans

Una delle opere esposte a Palazzo Pitti

Una delle opere esposte a Palazzo Pitti

Firenze, 17 maggio 2016 - E poi arrivano mostre che già dal titolo ti fanno venire voglia di andarle a vedere... Argomenti meno trattati,  di nicchia, ma non per questo meno gustosi. È il caso di “Buffoni, villani e giocatori alla corte dei Medici”, singolare esposizione a cura di Anna Bisceglia, Matteo Ceriana, Simona Mammana, che debutterà dopodomani nelle sale della Galleria Palatina di Palazzo Pitti, a Firenze (fino all’11 settembre). Circa trenta opere del Seicento e Settecento, prevalentemente provenienti dai depositi della Galleria che proporranno al visitatori soggetti ben diversi da quelli cui sono abituati: volti e corpi bizzarri, grotteschi, ricorrenti nelle collezioni medicee. Scene cosiddette “di genere”, che negli stretti confini dell’universo codificato di questo tipo di pittura, permettevano agli artisti (su input dei loro committenti) di illustrare - spesso anche con intenti morali o didascalici -  aspetti comici della vita sociale e di corte, ovvero quei temi ritenuti altrimenti reputati «bassi e privi di decoro».

  Ed è prorio in questo colorito contesto che vengono alla ribalta personaggi marginali e devianti come buffoni, contadini ignoranti o grotteschi, nani e giocatori di giochi tanto leciti che illeciti. La pittura “di genere” diviene insomma lo strumento che permette all’artista di attingere alla realtà del mondo. Per godere appieno di questa immersione nel bello-non bello, occorre lasciarsi alle spalle quei soggetti storicizzati ai quali siamo abituati e che ci hanno “viziato” nel gusto: la pittura storico-religiosa o ispirata ai miti classici, ad esempio, per addentrarsi nell’universo variopinto e ironico di stampo sociale, l’arte che rappresenta schegge di vita quotidiana, tradotti in scene “di genere”. A essere proposti non sono più corti, dame, principi, soggetti sacri o divinità, ma momenti cristallizzati  dalla vita di tutti i giorni, come mercati, interni di abitazioni, feste, eccetera. Il mondo reale, in buona sostanza, tradotta in un diverso tipo di pittura. Ecco spiegato  perché la rassegna “Buffoni, villani e giocatori alla corte dei Medici”,  renda godibili quei soggetti bizzarri, capaci di strappare un sorriso, che si ritrovano nelle collezioni medicee.

 Scene “di genere”, sferzate con il “passaporto” e l’autorità necessarie a trasformare l’opera d’arte in strumento di critica, attingendo alla realtà del mondo: dato che prendeva ispirazione da scene di vita di tutti i giorni, la pittura “di genere” è stata  però a lungo considerata “minore”, anzi inferiore per valore rispetto alla pittura storico-religiosa o alla ritrattistica. I grandi committenti non erano interessati a questo tipo di opere, solitamente di piccolo formato, che riscossero invece un certo successo e diffusione tra la borghesia e i mercanti. Non a caso i primi grandi pittori di scene di genere si affermarono nei Paesi Bassi, animati da una forte componente mercantile. In Italia il primo maestro  ad aver dipinto una scena di genere fu Annibale Carracci che raffigurò “Il mangiafagioli”, una tela del tardo Cinquecento in cui si vede  un contadino colto nell’atto di pranzare. Altro grande maestro del genere è stato Justus Sustermans, conosciuto anche col nome di Giusto e con la variante Suttermans (Anversa, 28 settembre 1597-Firenze, 23 aprile 1681), di cui troviamo esposti a Palazzo Pitti il “Ritratto di un buffone” (Meo Matto, ante 1640), “Il guardarobiere di Pratolino con cacciatori e cuochi della famiglia medicea” (1634 circa) e la coeva “Madonna Domenica delle Cascine, la Cecca di Pratolino e Piero moro”. E ancora, l’esilarante “Quattro servitori alla corte dei Medici” di Anton Domenico Gabbiani (1684 circa.), “Il gatto mammone mascherato” di Faustino Bocchi, di Hieronymus Bosch, “Copia da Elefante”, sempre in ambito olandese “Due cantastorie vagabondi” (secolo XVII e il “Nano dormiente: il nano Bocciolo”, Ignoto secolo XVII. Da non perdere. [email protected]