Giovedì 25 Aprile 2024

Le colpe dei politici

SORPRESA! Sotto Obama le tensioni razziali sono aumentate e non diminuite. Lo dicono i sondaggi oltre ai fatti. Erano minori ai tempi di George W. Bush. Eppure il suo attuale successore è nero...

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CESARE DE CARLO

SORPRESA! Sotto Obama le tensioni razziali sono aumentate e non diminuite. Lo dicono i sondaggi oltre ai fatti. Erano minori ai tempi di George W. Bush. Eppure il suo attuale successore è nero, almeno per metà. Neri (afroamericani come impone il politically correct) sono molti dei suoi ministri, dei suoi consiglieri e dei capi delle agenzie federali di nomina recente. E allora perché la prevalente percezione? Quale maledizione continua ad avvelenare i rapporti fra bianchi, ispanici, asiatici da una parte e i neri (13 per cento della popolazione) dall’altra? Insomma quali le cause della riesplosione di storici risentimenti? La spiegazione è più ideologica che razziale. È la tesi di Peter Wallsten. Merita considerazione. Altrimenti a mio parere non si capisce come il primo presidente di colore, un democratico e non un repubblicano, la cui agenda sociale per i suoi oppositori è stata sinonimo di statalismo e socialismo, si trovi a fronteggiare così tante tragedie. Alcune città americane sembrano tornate agli anni Sessanta. Solo ieri tre poliziotti sono stati uccisi. Due per vendetta. Uno ogni 58 ore, secondo le statistiche.

DUNQUE LA vera tensione non è fra bianchi e neri. È fra liberalismo (la sinistra) e conservatorismo (la destra). Il primo, come si sa, mette il governo al centro della vita pubblica. Il secondo la libertà individuale. Il primo crea classi politiche basate sulla razza, sul genere, sugli interessi economici. Il secondo promuove il merito, l’eguaglianza nella competizione: dando ai politici più potere si avrà meno crescita, meno prosperità, meno di quella felicità individuale consacrata da Jefferson nella Dichiarazione d’Indipendenza. In questa contrapposizione le animosità vengono esasperate. Anche perché i neri votano democratico. Ma Obama, che si era fatto carico delle loro aspettative, non c’entra. È il background ideologico, non la causa delle violenze. C’entra invece il sindaco di New York, quel De Blasio, anche lui democratico, vincitore di elezioni con un’affluenza del 24 per cento. In questa veste è anche il capo della polizia. L’ha criticata duramente per il morto di Staten Island. E il maggiore sindacato di polizia ora l’accusa di avere «le mani sporche di sangue». Mai vista una crisi del genere nella grande metropoli.