Venerdì 26 Aprile 2024

"Il futuro? E' l'internet delle cose'. Rifkin spiega la rivoluzione digitale

Colloquio con l’economista visionario: nuovo mondo di condivisione. Le sue ricette per il settore energetico e i trasporti: "I soldi ci sono, sfruttiamoli"

L'economista Jeremy Rifkin (Olycom)

L'economista Jeremy Rifkin (Olycom)

Roma, 24 maggio 2016 - Cambiare paradigma. Voltare pagina. Investire in innovazione per dare vita a quella che lui chiama la terza rivoluzione industriale. Un mondo nuovo che si baserà sulla sharing economy, l’economia della condivisione, e avrà nelle sue vene sangue digitale e come ricettori una rete internet pervasiva. Quella che si chiama «l’internet delle cose».  È questa la risposta di Jeremy Rifkin, visionario economista americano, al declino economico. Rifkin è un trend setter, un pensatore che indica l’orientamento. Ne ha scritto nei suoi oltre 20 libri e ne parlerà oggi a Roma al Forum Pa, la grande fiera della pubblica amministrazione. Ieri Rifkin ne ha discusso con un gruppo di opinion leaders e imprenditori pubblici e privati. «Il Pil – ha detto loro – sta declinando. La produttività sta scendendo e così gli occupati. Gli economisti ci parlano di 20 anni di bassa crescita. Non c’è qualcosa che non funziona? Non è che questa crisi industriale, unita alla crisi ambientale causata da due rivoluzioni industriali basate su combustibili fossili, richiede una risposta diversa? Io credo di sì. Serve un diverso modello economico per il mondo. E abbiamo da 3 a 4 decadi, non oltre, per cambiare tutto».

«Quello di cui abbiamo bisogno – prosegue Rifkin – è una terza rivoluzione industriale basata su digitalizzazione delle comunicazioni, digitalizzazione dell’energia, digitalizzazione di mobilità e logistica. Serve una tripla internet sopra una piattaforma chiamata “internet delle cose”. Già oggi ci sono attorno a noi 14 miliardi di sensori, entro il 2030 diventeranno 100 trilioni a servizio di un network globale e distribuito. Questo consentirà di avere bassi costi marginali, maggiore produttività e basso impatto ambientale. Grazie a questo possiamo aumentare l’efficienza energetica aggregata dall’attuale 13% al 40% nei prossimi 25 anni».  «La terza rivoluzione industriale – dice l’economista – è la rivoluzione della sharing economy. Servirà un lungo periodo di aggiustamento, ma la via è tracciata. Intere industrie sono già scomparse. Adesso non abbiamo più consumatori ma prosumers. Attivi e non passivi. L’internet delle cose aumenterà questa tendenza. Ci saranno morti e feriti, aziende spariranno e altre nasceranno. Ma il bilancio finale sarà positivo».

Parecchi lo hanno capito anche nel settore energetico. «Il costo dell’energia rinnovabile – osserva – sta stabilmente calando, si va verso l’autoproduzione e la condivisione del surplus. Le aziende dell’industria energetica fossile e nucleare non possono competere. Perché credete che l’Arabia Saudita abbia recentemente detto che vuole puntare sull’energia rinnovabile? L’Arabia Saudita, il maggior produttore di idrocarburi! Perché ha capito che quello è il futuro». Un futuro che lui vede molto diverso anche nei trasporti. 

«Se la seconda rivoluzione industriale è stata basata sull’automobile – afferma –, la terza non lo sarà. Le nuove generazioni vogliono il car sharing, vogliono connettersi alla rete, chiedere un’auto, usarla, pagare. Usare un servizio se e quando serve, non possedere per il gusto di possedere. Per ogni auto condivisa ne vengono eliminate 15. Possiamo eliminare l’80% dei veicoli, con ovvi vantaggi ambientali. Abbiamo 2 miliardi di auto. Bastano 200 milioni di auto condivise, elettriche. Auto fatte in buona parte con stampanti 3D, alimentate da energia rinnovabile». E poi, prosegue l’economista, «serve internet dei trasporti. Servono sensori sui camion. Monitorabili in tempo reale. Connessi in rete. In futuro, con camion o treni guidati da remoto». 

La grande domanda è: dove sono i soldi? Abbiamo tutti i soldi che servono – replica Rifkin –. Il problema è come vengono spesi. Investiamo ancora in infrastrutture della seconda rivoluzione industriale. Dobbiamo riorientare gli investimenti». La fase di transizione, avverte «sarà lunga e richiederà da parte dei governi la capacità di far convivere i due sistemi, incoraggiando a crescere quello del futuro ma senza strozzare quello del passato».  Molti paesi ci credono. La Germania in primis, dice, ma anche la Cina. E l’opportunità, sottolinea Rifkin, è a maggior ragione valida per l’Italia. «La rivoluzione digitale non è più banda larga, più wi-fi e reti a 4D. È – spiega – comunicazioni digitalizzate, energia digitalizzata e autoprodotta, trasporti digitalizzati. Questa è la strada. E dovete farlo subito. E sapete perché? Nessuno batte la creatività italiana. Voi potete guidare questa rivoluzione soltanto se ne capirete l’importanza. Matteo Renzi lesse un mio documento e mi disse: andremo in questa direzione. Beh, io amo questo paese, il vostro paese, e spero proprio che lo faccia. Perché è così che si batte il declino». 

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