Lunedì 20 Maggio 2024
PAOLA ZERBONI
Cronaca

Eparina killer, l'infermiera si difende: "Giuro sui miei figli, non ho ucciso"

Pisa, minacce su Facebook al suo avvocato. Chiesti i domiciliari

Fausta Bonino, l'infermiera di Piombino accusata di aver ucciso 13 pazienti

Fausta Bonino, l'infermiera di Piombino accusata di aver ucciso 13 pazienti

Pisa, 5 aprile 2016 - "Lo giuro sui miei figli, sono innocente". Dopo sei giorni di carcere e gli occhi di tutta Italia puntati addosso, Fausta Bonino non crolla. L’infermiera accusata di essere la serial killer dell’ospedale di Piombino – avrebbe ucciso almeno tredici pazienti, somministrando deliberatamente e fuori dalle terapie prescitte, dosi di eparina così elevate da provocarne la morte per improvvisi e irreversibili epidosi emorragici – è provata, ma non crolla. Non lo fa nemmeno dopo le due ore di faccia a faccia con il sostituto Massimo Mannucci e con il procuratore capo di Livorno Ettore Squillace Greco, nell’interrogatorio di garanzia, di ieri mattina, nel carcere Don Bosco di Pisa.

Il suo avvocato, Cesarina Barghini, ha chiesto l’applicazione degli arresti domiciliari. «Non chiedo la piena libertà – ha precisato – perché col clima di caccia al mostro che si è creato a Piombino, metteremmo in pericolo l’incolumità della Bonino. Io stessa sono stata minacciata su Facebook». «Se il costrutto accusatorio è quello, se davvero c’è un serial killer, allora è ancora libero», ripete l’avvocato Barghini, all’uscita carcere.

Sono le 14, l’interrogatorio è iniziato alle 11.30 e quei 150 minuti sono serviti alla difesa per aprire una piccola crepa nel castello accusatorio. Rispetto alla richiesta dei domiciliari, infatti, il gip si è riservato la decisione. E la Procura si è presa 48 ore di tempo. Il fatto che non si sia opposta subito è quella breccia su cui la difesa si gioca tutto.

«C’è un castello fatto di indizi – dice l’avvocato – che sembrano cuciti addosso alla Bonino. Quasi ci si fosse accontentati di fermarsi a lei. È l’unica sempre presente in reparto. Ma c’è perché, essendo in cura per attacchi epilettici da una decina d’anni, è dispensata dai turni di notte e quindi fa più turni nelle ore diurne. Era la persona più debole, la più ingenua, e per questo il bersaglio più facile. Non si sono battute altre strade, altre piste. Fausta Bonino non beve. Ha l’epilessia, ma l’epilessia non trasforma le persone in mostri omicidi. Ha sofferto di depressione, quando è entrata in menopausa, ma è una cosa che capita a molte donne e non si diventa assassine».

Poi l'affondo. «Gli inquirenti ci chiedono ‘Se non è stata lei allora chi è stato?’. Ma la Procura non deve chiederlo a noi. Deve fare altre indagini, non si accusa una persona per esclusione. E chi ci dice che la Bonino non sia stata il bersaglio più facile a disposizione, per coprire altro?». Qui la difesa gioca d’attacco. Puntando il dito contro la struttura sanitaria, ipotizzando che qualcuno, al suo interno, abbia macchinato nel tentativo di coprire una colpa medica, casi di malasanità trovando il capro espiatorio proprio nella più stakanovista e nella più ingenua e disponibile delle sue infermiere. Un’ipotesi tutta da dimostrare, certo.

«Ci chiediamo – dice l’avvocato – perché la Procura e i carabinieri del Nas abbiano scelto di non impiegare le telecamere in reparto per queste indagini. Se ci fossero state si sarebbero potute salvare tre persone ed evitare tre decessi. Ho fatto notare questo aspetto agli inquirenti ma non hanno replicato. La donna ha affrontato l’interrogatorio senza cadere in contraddizione e dimostrando agli stessi inquirenti che si tratta di un processo indiziario e che il quadro probatorio è tutt’altro che solido: noi ci difenderemo all’americana, cercando prove che dimostrino l’innocenza della signora Bonino».