Giovedì 25 Aprile 2024

Lacune fatali

Roma, 20 gennaio 2017 - Li immaginiamo assiepati nella hall dell’albergo, i trolley radunati in un angolo, i piumini poggiati sui divanetti. Le chiacchiere di circostanza, il tempo che non passa mai, quel misto di eccitazione e depressione di quando la vita prende una piega imprevista e un vago senso di angoscia stringe lo stomaco. Aspettavano l’arrivo del gatto delle nevi, è arrivata prima, molto prima la slavina. Sono morti così, forse senza rendersene conto, gli ospiti e i dipendenti dell’hotel Rigopiano e parlare di «fatalità» appare fuori luogo. Nelle ore in cui la slavina si staccava dal crinale del Gran Sasso, a duecento chilometri di distanza un sindaco malediceva non il destino ma gli uomini. La tensostruttura giunta dalla Puglia e trasformata nella scuola materna di Pieve Torina era appena crollata non per le scosse sismiche ma per la neve. I bambini, fortunatamente, non c’erano. «Pericolo scampato – diceva il sindaco, Alessandro Gentilucci – ma erano giorni che segnalavamo alla Protezione civile l’emergenza neve. Il terremoto non si può prevedere, ma il maltempo sì. E infatti era stato previsto».

FACILE giudicare col senno di poi. Impossibile, però, non chiedersi se sia stato fatto tutto quel che si doveva. La gran nevicata era annunciata da giorni e si sapeva, si sapeva benissimo che si sarebbe abbattuta sulle zone già martoriate dai terremoti del 24 agosto e del 30 ottobre. La Salaria è rimasta bloccata per tre giorni. Possibile? Mandiamo l’esercito con le sue jeep agli angoli delle strade per dare fiato politico ai sindaci afflitti dal problema sicurezza, perché non è stato mandato in forze con i suoi mezzi a turbina nel Maceratese, nell’Ascolano, nel Pescarese e in tutte quelle aree del Centro Italia dove si poteva facilmente prevedere che l’interruzione della viabilità avrebbe spezzato anche la vita? Se è vero, poi, che l’allarme sulle condizioni dell’hotel Rigopiano è stato dato alle 17, che i mezzi di soccorso sono partiti alle 20 e che sono arrivati solo la mattina del giorno successivo, c’è davvero qualcosa di inquietante.

E ANCORA. Perché le regioni non hanno fornito le stalle provvisorie annunciate a centinaia di allevatori disperati? Perché l’Enel ha impiegato giorni a riallacciare la corrente elettrica a decine di borghi isolati senza luce, né riscaldamento? Siamo sicuri che l’aver frantumato le responsabilità a livello di singole amministrazioni sia stata la scelta migliore? «Deciderete voi cittadini», disse Renzi in agosto. E per marcare la differenza rispetto al centralismo con cui fu gestito il post terremoto all’Aquila optò per un radicale decentramento. Forse, non è stata la scelta migliore. Ora accorrono mezzi e uomini da ogni parte d’Italia, gli fosse stato ordinato di partire quattro, cinque giorni fa avremmo forse meno morti da seppellire, meno nervi da lenire, meno lacrime da ingoiare. Lo ha detto il sindaco di Pieve Torina, la neve era prevedibile e prevista. Un altro sindaco, quello dell’Aquila, Massimo Cialente, ha pronunciato parole degne di un epitaffio nazionale: «Noi italiani siamo bravissimi nel mettere le toppe, ma incapaci di cucire un vestito». Previsione e prevenzione, le nostre lacune fatali.