Giovedì 25 Aprile 2024

Manovra, il governo prende tempo. Effetto inflazione: mancano 3 miliardi

L'aggiornamento Def slitta a domani. Bankitalia: allarme debito

Il presidente della Bce Mario Draghi e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan (Afp)

Il presidente della Bce Mario Draghi e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan (Afp)

Roma, 22 settembre 2017 - Non tornano ancora i conti della manovra: all’appello mancano circa tre miliardi a causa dell’inflazione stimata troppo bassa. E così i tecnici del Tesoro avrebbero preso altre 24 ore per limare i dati della nota di aggiornamento al Def che avrebbe dovuto essere approvata oggi dal Governo. Il varo slitta a domani ma la musica non cambia. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan lo ha ribadito ieri incontrando il premier, Paolo Gentiloni: il sentiero della prossima manovra economica resta molto stretto. E ancorato ai vincoli Ue.

A dargli man forte in maniera piuttosto inusuale alla vigilia della riunione a Palazzo Chigi, il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco che ha rilanciato l’allarme su debito pubblico e spesa previdenziale. Certo, il Tesoro metterà nero su bianco le nuove stime sulla crescita del Pil, l’1,5% contro l’1,1% previsto qualche mese fa. Un dato confermato anche dall’Istat che ieri ha anticipato al Ministero la sua ultima istantanea sullo stato dell’Economia. Ma nel 2018 la crescita dovrebbe tornare all’1,1%, un trend che suggerisce cautela nelle dimensioni della manovra. Stesso discorso anche per il debito che nel 2017 resterá stabile e registrerá una lieve limatura nel 2018. Il Tesoro darà praticamente per fatto anche lo sconto Ue di 8,5 miliardi sulla correzione 2018 (5 miliardi invece dei 13,5 previsti dal Def di aprile). Un ribasso che dovrà essere approvato dal Parlamento con maggioranza assoluta, con il rischio che i partiti utilizzeranno questa occasione per far partire l’ennesimo assalto alla diligenza dei conti pubblici. Saranno riviste al rialzo anche le stime sull’occupazione. Sostanzialmente stabile la spesa per interessi nel 2017 e 2018, pari al 3,9 del Pil.

La manovra 2018, dunque, dovrebbe attestarsi sui 20 miliardi. Almeno un quarto (fra i 4 e i 5 miliardi) arriverà dal decreto fiscale che accompagnerà la legge di bilancio (rottamazione bis delle cartelle, estensione dell’obbligo della fatturazione elettronica, split payment). Altri 3,5 miliardi potrebbero essere raccolti con il ritocco all’insù delle stime della crescita, che di fatto alleggerirà ulteriormente il taglio del deficit. Ma su questo, in via Venti Settembre, sembra prevalere una forte prudenza. Bruxelles, infatti, nelle sua valutazioni, considera non tanto il Pil “reale” ma quello “nominale” che ingloba anche il dato sull’inflazione. Nel Def di aprile era prevista allo 0,8%, ma difficilmente si andrà al di là dello 0,2%. Ed è proprio questo il dato che ha spinto Padoan a una pausa di riflessione. Un altro miliardo arriverà dai tagli della spending review e altrettanto dalle operazioni Consip di centralizzazione degli acquisti. Ma, anche così, mancano all’appello circa 3 miliardi sui quali al ministero dell’Economia si continua a ragionare. Molte le ipotesi in campo, a cominciare da una nuova stretta contro gli evasori fiscali. Fino a ieri si ragionava anche su una sanatoria sul contante, smentita però nettamente dopo le polemiche politiche che avevano accompagnato le prime indiscrezioni. In cantiere le nuove norme per scoraggiare l’uso del contante (favorendo i Bancomat). Mentre un’altra possibile fonte di entrata potrebbe essere la vendita delle concessioni per il 5G.

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